Lettere al direttore

“Solo un direttore generale autonomo dalla politica potrà rilanciare l’Asl di Asti”

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa a firma dei consiglieri di minoranza di Asti: Mauro Bosia, Vittoria Briccarello (Unitisipuò), Mario Malandrone (Ambiente Asti), Gianfranco Miroglio (Verdi).


SOLO UN DIRETTORE GENERALE AUTONOMO DALLA POLITICA POTRÀ RILANCIARE L’ASL ASTI

Si tratta di uno dei passaggi più difficili e controversi della politica amministrativa sanitaria in Regione.

Il rapporto tra indirizzo politico regionale e gestione delle aziende sanitarie a cura dei Direttori generali è certamente tra i più delicati della dirigenza pubblica. La normativa ha inteso porre rimedio con la previsione dell’elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di Direttore generale, tentando di contenere, vanamente, il potere discrezionale delle Regioni.

Il Piemonte nei primi 5 anni della Giunta Cirio è stato scosso da diversi scandali in sanità che hanno comportato sostituzioni ai vertici delle Aziende e conseguenti danni nella programmazione e gestione delle stesse. All’Asl Asti la Regione ha avvicendato 4 Direttori generali in pochi anni. Avvicendamenti che hanno impedito una seria programmazione della sanità sul territorio oltre a creare notevoli contrasti tra management e personale. Lo scopo delle leggi che hanno istituito l’elenco nazionale dei Direttori è quello di valorizzare il merito, prevedendo apposite procedure di livello nazionale basate su specifici requisiti di ingresso, aprendo il ruolo anche al management privato, per favorire l’inserimento di esperienze provenienti dal mondo privato (non solo sanitario) e migliorare l’efficienza che deve contraddistinguere la managerialità del Direttore generale nella difficile governance di una struttura sanitaria.

La Corte costituzionale è più volte intervenuta sulla materia, cercando di chiarire, di definire e di separare le rispettive sfere di competenze e di influenza, descrivendo il Direttore generale come una figura tecnico professionale che ha il compito di perseguire, attraverso un contratto di lavoro autonomo, gli obiettivi gestionali e operativi definiti dai provvedimenti nazionali e gli indirizzi della Giunta regionale. Il Consiglio di Stato il 18 aprile 2016 così si è espresso: “ il rapporto di fiduciarietà politica insito nel meccanismo della nomina del Direttore generale non può sconfinare, in uno spoils system senza limiti e garanzie, sicché la sua nomina e, ancor più, la sua rimozione deve passare attraverso un giusto procedimento di verifica dei risultati della gestione, tenendo conto della condizione economico-finanziaria di partenza della singola azienda, del budget assegnato e degli obiettivi di salute e di gestione fissati dalla Regione”.

Il Direttore generale deve essere tutelato per evitare che la sua posizione di dipendenza funzionale, rispetto alla volontà politica della Giunta regionale, si trasformi in dipendenza politica. I Direttori generali, hanno scritto i giudici, “devono essere considerati «funzionari neutrali», poiché non sono nominati in base a criteri «puramente fiduciari», essendo l’affidamento dell’incarico subordinato al possesso di specifici requisiti di professionalità, e non richiedendosi agli stessi «la fedeltà
personale alla persona fisica che riveste la carica politica», ma la «corretta e leale esecuzione delle direttive che provengono dall’organo politico, quale che sia il titolare pro tempore».

La permanenza media a livello nazionale nell’incarico di Direttore generale è di circa 3 anni e mezzo, come Asti dimostra, insufficienti ad incidere nei processi di organizzazione aziendale e nella programmazione. L’età media dei direttori attualmente in carica è alta (come per quasi tutte le figure professionali del servizio sanitario nazionale), la partecipazione dei soggetti provenienti dal privato è scarsa. I compensi sono fermi da oltre 20 anni e spesso sono inferiori a quelli dei dirigenti medici della stessa Azienda se operano in libera professione.

Il lavoro del Direttore generale è molto complesso e costellato di responsabilità che gravano esclusivamente sulla sua persona (basti pensare alla sicurezza dei luoghi di lavoro). Durante la pandemia molti Direttori generali si sono trovati dinanzi a situazioni di emergenza assoluta, affrontata con le risorse umane e finanziarie a disposizione, risorse che sono insufficienti a mantenere il diritto costituzionale alla tutela della salute. Forse sono maturi i tempi per riflettere sulla figura del Direttore generale che è organo monocratico dell’azienda e nello stesso tempo manager dell’amministrazione. In qualità di organo il Direttore generale deve rispondere agli indirizzi dettati dal vertice politico e come manager deve operare in modo efficace ed efficiente, ed è indubbio che un modello organizzativo fondato su un organo monocratico che assomma la totalità dei poteri gestionali e di indirizzo è poco adatto e costringe il legislatore a introdurre sempre più complessi ed articolati sistemi per equilibrare le due funzioni.

Da anni si parla di distinguere i poteri di indirizzo e programmazione da quelli gestionali che consentano, ad esempio attraverso Board o consigli di amministrazione, di condividere scelte programmatorie e di meglio organizzare con più autonomia la risposta gestionale. Ma è tutta la governance aziendale che dovrebbe essere esaminata e “aggiornata”, dalle funzioni del Collegio di direzione a quelle di altri organismi che con fatica riescono ad incidere sull’organizzazione.

Non sono questioni di poco conto in una sanità ogni giorno più complessa che abbisognano di attenzione e scelte coraggiose. Non sono questioni che si risolvono con l’Intelligenza artificiale né, tanto meno, come scritto, attraverso una spartizione politica, magari lasciando qualche osso alla minoranza.

Nella Asl di Asti si riscontrano tutti i gravi problemi che attraversano la sanità. Liste d’attesa interminabili, carenze di servizi territoriali e domiciliari, organici insufficienti sono problemi che denunciamo da anni e che hanno originato una vistosa proliferazione di cliniche private. L’unico Ospedale della Provincia, che serve 220.000 abitanti contro una media nazionale di meno della metà, risulta essere sovraccaricato e non più in grado di svolgere pienamente le sue funzioni. Per queste e molte altre problematiche che abbiamo detto decine di volte, è finito il tempo degli annunci: l’Assessore Riboldi deve scegliere, e anche velocemente, un Direttore Generale capace di risollevare l’ASL ASTI da questa situazione.

E deve farlo in totale discontinuità dai criteri usati nel recente passato. Non servono slogan su fantomatici nuovi metodi di prenotazione esami se poi gli organici dell’Asl sono sempre i medesimi, e non serve un DG scelto perché “in quota” a una piuttosto che l’altra forza dominante del consiglio regionale, così come non servono strampalati piani di riorganizzazione delle strutture interne infarciti di contratti di collaborazione a favore delle burocrazie delle altre Asl torinesi: tutte cose che ahinoi abbiamo visto in passato.

Serve, al contrario, un professionista che parta da un’analisi delle carenze e dei bisogni di questa ASL, con le mani libere e senza l’ansia di scontri e gelosie fra i partiti di maggioranza di palazzo Lascaris. Serve un Direttore Generale che abbia gli strumenti economici e decisionali per attuare un piano sanitario straordinario esteso a tutta la Provincia di Asti, per rimediare alle lunghe liste d’attesa e ad una serie di prestazioni che l’Asl non è più in grado di erogare. Serve un manager che possa, davvero e non solo per slogan, alleggerire il Cardinal Massaja potendo organizzare il servizio su una serie di strutture territoriali, in primis il presidio di Nizza Monferrato essenziale per servire la Valle Belbo e non solo. Serve, infine, una figura che voglia valorizzare e implementare le risorse umane interne all’Azienda.