La fotogallery e i temi della sfilata storica di Cocconato fotogallery

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Molto coinvolgente la sfilata dei Casati nobiliari di Cocconato che si è tenuta domenica scorsa. Ogni anno i borghi scelgono un tema differente e lo sviluppano in gran segreto. La migliore rappresentazione viene premiata da una giuria di esperti.

Quest’anno i giudici Antonella Didoné, Vice Presidente Federazione Giochi Storici; Piero Fusco, Presidente Ente Agosto Medievale; Franco Chierici, Costumista e Storico; Diego Musumeci, Sindaco di Moncalvo – Scenografo e Costumista Storico; la Dott.ssa Germana Corradino, Storica e restauratrice; il Dott. Sandro Caranzano, Giornalista stampa – storico – scrittore, hanno assegnato il primo premio alle Colline Magre, vincitrici anche della corsa degli asini.
La sfilata è stata impreziosita dalla narrazione e dai commenti di Mario Averone, storica voce del Palio.
Le Colline Magre si sono aggiudicate anche il premio per il miglior personaggio con il loro “folle operato”.
Ma vediamo nel dettaglio le tematiche sviluppate dai 7 borghi.

BORGO COLLINE MAGRE
Colori giallo-verde
Il tema “Tra magia e follia: il lato oscuro della mente nel Medioevo” riguarda le problematiche legate alla malattia mentale, spesso interpretata come follia. In particolare le Colline Magre hanno messo in scena una rappresentazione dell’estrazione della ‘pietra della follia’. La follia, secondo una credenza popolare, era provocata da una serie di pietre conficcate nella testa che un medico, con una semplice operazione, poteva estrarre. Il cervello umano era all’epoca immaginato come un ingranaggio, la pietra della follia era quell’elemento che aveva fatto inceppare il corretto funzionamento dell’ingranaggio, quindi andava rimossa. Nonostante l’assurdità, nonché il grande dolore fisico che essa comportava, erano molti i folli che sceglievano di sottoporsi o venivano costretti a questa pratica chirurgica, che prevedeva l’incisione del cranio, e che culminava nell’atteso momento dell’estrazione di questo sassolino.
La malattia mentale è quindi sempre stata avvolta da un alone di mistero, poiché nulla si conosceva di essa e così, mentre i medici azzardavano rimedi più pittoreschi che scientifici, brancolando letteralmente nel buio, i malati erano perennemente relegati ai margini della società, che li vedeva inevitabilmente come “diversi”, come soggetti devianti e pericolosi o comunque da evitare o schernire.
Accanto alla figura dei medici, vi erano poi le guaritrici, donne che spesso godevano di una reputazione negativa poiché assimilate alle streghe. La loro “colpa” risiedeva nella conoscenza delle proprietà medicinali di numerose erbe e piante, impiegate per curare anche i disturbi più comuni.
Ciò che risultava insolito e incomprensibile veniva facilmente interpretato come stregoneria, contro la quale le autorità applicavano una repressione crudele e inflessibile.

BORGO BRINA
Colori bianco/rosso
Il tema della follia torna anche con il Borgo Brina, sotto un aspetto diverso: “Semel in anno licet insanire: si può ben essere folli una volta l’anno”.
Il carnevale nel Medioevo, in opposizione alla festa ufficiale, era il trionfo di una sorta di liberazione temporanea dalla verità dominante e dal regime esistente, l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù: i ruoli sociali si invertivano e gli uomini si vestivano da donne e viceversa, i poveri da ricchi, i ricchi da accattoni o da giullari.
Il carnevale divenne ben presto il periodo dell’anno in cui fare tutto quello che in quaresima era vietato: i due periodi venivano sentiti infatti come in forte contrasto, basti pensare che il carnevale si festeggiava con feste e banchetti, tutti all’insegna dell’alimentazione carnea.
Ma si festeggiava anche la fertilità della terra che, dopo il risveglio dal riposo invernale, doveva nutrire uomini e animali: per questo si svolgevano riti legati alla fecondità e al riso, inteso come atto di ridere. Al riso, infatti, si attribuiva il potere di sconfiggere la morte e tradizioni antichissime lo collegano alla fertilità della natura e degli uomini. Per questo ridere, e quindi la presenza di burloni, l’organizzazione di scherzi, e danze per ringraziare la terra, erano attività cui dedicarsi con grande impegno a carnevale.

BORGO TORRE
Colori giallo/rosso
Il Borgo Torre esplora l’argomento del tempo, offrendo una visione culturale ed una più pratica legata alla vita di tutti i giorni.
Il tempo nel medioevo veniva indicato come distensione del movimento, secondo i testi tradotti dalla “Logica” Aristotelica in quei secoli: in un contesto più popolano, la scansione del tempo aveva come riferimento il movimento ciclico delle stagioni; il sole in particolare, simbolo sacro, scandiva il giorno, la notte, l’anno. Le quattro stagioni esprimono fedelmente il tempo come movimento: esse, personificate da quattro graziose fanciulle, che con movimenti armoniosi restituiscono la fluidità dell’alternarsi del tempo, diventano nucleo portante della tradizione medievale del lavoro nei campi e della suddivisione dell’anno. Le stagioni, danzando, segnano infatti lo scorrere dei mesi e ne determinano le caratteristiche.
La dicotomia fra notte e giorno era caratterizzata dalla differenza fra tempo ciclico, rappresentato dai lavori nei campi alla luce del sole, e tempo lineare, che prendeva vita al lume delle candele di taverne e lupanari nel freddo della notte, uniche ore di goliardie dopo le lunghe fatiche del giorno.
“Ora et labora” era poi la misura del tempo per eccellenza all’interno della vita religiosa: monaci e frati organizzavano all’interno delle abbazie la propria giornata all’insegna della preghiera e della fatica, al fine di realizzare una vita casta e dedita a Dio.
Quindi, il tempo è movimento secondo il prima e il poi, al quale anche l’anima partecipa.
“Tempus est motus”.

BORGO TUFFO
Colori giallo/blu
La danza della protesta è il tema inscenato dal Borgo Tuffo che vuole ricordare come la popolazione di Cocconato reagì al susseguirsi di battaglie e guerre, tenuta in scacco dalle scelte dei potenti che stringevano nella morsa della guerra la vita semplice della cittadinanza. Essa infatti, sin dalla nascita del Feudo di Cocconato, subì le contese dei grandi dominatori del tempo Savoia, Monferrato e Asti.
Sin dalla prima menzione ufficiale del Feudo di Cocconato su diploma imperiale, 1° novembre dell’anno mille, la posizione strategica del suo territorio portò Cocconato a essere costantemente in guerra, desiderato come alleato da parte dei più forti, nonché depredato delle sue preziose risorse e utilizzato come luogo di accampamento. La Casata Radicati, Signori di Cocconato, si era allargata e i suoi componenti ricoprivano importanti posizioni che spesso li vedevano contrapposti politicamente e strategicamente.
A causa di guerre, battaglie, carestie e razzie, in tempo medievale la popolazione riuscì a vivere periodi di pace molto brevi; il corteo storico vuole mettere in scena una danza, quasi una marcia, con la quale il popolo simbolicamente esprime la sua opposizione ad abusi e soprusi, saccheggi e devastazioni. Lo fa attraverso gesti e movimenti che ricordano le movenze degli armigeri ma al contempo inserisce i passi di danza popolare che aiutano a esorcizzare la paura e i timori di una nuova guerra, oltre a manifestare contrarietà e opposizione alle sopraffazioni delle scelte dei potenti.
La popolazione mette in scena anche il lancio di polvere colorata a simboleggiare la polvere della terra che si solleva durante i tempi di guerra e quale metafora a enfatizzare la sua protesta.

BORGO AIRALI
Colori rosso/blu
I nobili colori del borgo è il tema individuato dal Borgo Airali.
Nell’anno 1247 i Signori di Cocconato emanano un editto col quale concedono ai vari rioni i colori che li contraddistinguono. Ai Signori del Borgo Airali assegnano il blu, simbolo dell’abbondanza dell’acqua, il rosso, simbolo della terra fertile e l’oro, colore del grano maturo.
I Signori del borgo concedono al loro popolo una giornata di festa, quindi la possibilità di sfilare per le vie del paese per festeggiare questo evento.
Il territorio del borgo Airali è costituito da molte frazioni e gruppi di case nella vallata; sfilano i signori di Vastapaglia, che comprende le strade Cantone e Tomalon, i signori di Tani e Sabbione, i loro territori arrivano fino al confine dei frati di San Sebastiano, i signori di Foino e Tabiella che scendono fino al confine dei territori di Cocconato e i signori di Ieri, la piazza, fulcro della vita.
Seguono i Doni che vengono omaggiati dai Signori delle frazioni: le stoffe pregiate, le spezie, i simboli sacri, i gioielli e le monete d’oro. Partecipano anche i frati del convento di San Sebastiano, che benedicono la folla in festa e il popolo che partecipa con canti e balli. Chiudono il corteo nove giovani fanciulle del borgo che sfilano a memoria dei nove anni della vittoria.

BORGO SAN CARLO
Colori bianco/marrone
Il Borgo San Carlo ha messo in scena “Il Bene ed il Male nel Medioevo”, una rappresentazione allegorica del sacro e del profano.
Una nobildonna di bianco vestita, la Signora del Borgo, avanza sulla sua candida cavalcatura precedendo il gruppo di figuranti rappresentanti il bene e recanti ognuno il simbolo della luce, immersi nell’immacolato fumo purificatore dell’incenso. Un nero cavallo Frisone traina il carro con due simboliche figure, Satana il Malefico, con la sua maschera diabolica, prostrato, sovrastato e sconfitto dall’Angelo del Bene dall’alto del suo trono di giustizia, moralità e purezza. Il tenebroso Signore del Borgo con la sua cupa cavalcatura precede l’avanzare dei personaggi del Male, gruppo di tetri figuri rappresentanti il bestiario allegorico di Satana, immersi in una oscura atmosfera. Il suono del gruppo di musici di Brisighella, con la percussione incessante dei loro tamburi, accompagna il corteo lungo tutto il percorso, ed esalta la lotta tra il bene e il male.

BORGO MORANSENGO
Colori rosa/azzurro
“I guardiani della notte”, con una parata di rapaci notturni, è il tema presentato dal Borgo di Moransengo.
Una presenza elusiva, un volo silenzioso nell’oscurità, una voce che scaturisce dal profondo della notte. Figure ambivalenti nell’immaginario collettivo, affascinanti ma inquietanti. I rapaci notturni sono considerati da un lato simboli di saggezza e portafortuna, dall’altro potenze diaboliche e messaggeri di morte o di sventura.
Forme strane, occhi grandi, canti lugubri emessi nell’oscurità, abitudini notturne: facile intuire le origini di superstizioni che sono state tramandate fino ai giorni nostri. Questi animali, considerati divinatori nell’antichità, nel medioevo hanno cambiato il loro destino, per colpa dell’uomo che li ha perseguitati.
Gufi, civette, allocchi, assioli, barbagianni hanno attraversato faticosamente le epoche.
Per secoli sono stati vittime di false credenze.
Gufi e civette erano più che altro temuti per la loro capacità di attirare sventure; atteggiamento che dà inizio a quel lungo processo di mistificazione e demonizzazione che ne ha fatto le icone sfortuna e iettatura.
Così si dice “gufare” nel senso di fare discorsi di malaugurio o portare malasorte.
Per la sua ambivalenza simbolica, il gufo ha anche evocato l’emblema del traditore che prepara nell’ombra oscuri progetti.
Legato ad una simbologia dualistica, da un lato rappresenta un presunto influsso malefico (malocchio) dall’altro nel contesto della simbologia cristiana e medievale, il gufo veniva raffigurato come un guardiano, era simbolo di protezione e vigilanza, saggezza e sapienza, in grado di scacciare via gli spiriti maligni e di proteggere gli individui dalle influenze negative.
La sua immagine era spesso utilizzata per decorare edifici religiosi e per simboleggiare la lotta tra il bene e il male.

A cura di Daniela Laganà

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