Dopo 5 anni in una casa sull’albero, Gabriele Ghio progetta la sua nuova “Treehouse”

Nella grande città non si è mai trovato bene. La pace interiore l’ha recuperata immerso in un bosco, dove i ritmi sono rimasti intatti. Non ha rinnegato la società, anzi. Ma ha compreso il vero obiettivo della sua esistenza: ritrovare se stesso restando a stretto contatto con Madre Natura, assaporando ciò che ogni giorno può donare e azzerando molti problemi della vita frenetica moderna. Riflettendo a fondo, Gabriele Ghio, classe 1980, nato e vissuto a Torino, ha scoperto come il tessuto sociale del capoluogo subalpino lo stava allontanando dal proprio Io. Sei anni fa il destino ha giocato per lui alcune carte, ribaltando da un momento all’altro, in modo inaspettato, il suo futuro; fili trasparenti lo hanno guidato di fronte al bivio più importante della vita, alla ricerca della felicità.

Gabriele Ghio

“Oggi abito in un piccolo borgo dell’Astigiano, a Roatto – racconta Gabriele entusiasta della scelta –. Fino a sei anni fa vivevo in città, lavorando come visual merchandiser per Piemonte e Liguria in una grande azienda di caramelle. Con l’arrivo della pandemia mondiale, sono stato licenziato e, quasi in contemporanea, è scaduto il contratto d’affitto della casa torinese. A questi due eventi negativi si aggiunge un altro sgradito episodio. Da appassionato di auto e motori, una sera stavo lavorando sul mio fuoristrada Toyota, allestito per lunghi viaggi, attrezzato anche per il pernottamento. Sono rimasto schiacciato dal mezzo. Per fortuna nulla di grave se non alcuni giorni in ospedale per accertamenti. Da quell’evento ho compreso che dovevo cambiare qualcosa. Ero stato miracolato e, allo stesso tempo, ero rinato. Ho riflettuto davvero molto sulla tragedia sfiorata. Il momento giusto per capire cosa fare della mia esistenza”.

Dopo la perdita del lavoro, Gabriele Ghio, fa del suo hobby la professione principale; da quattro anni è istruttore di guida sicura sulla pista di Susa (To). Nel frattempo, un amico consiglia al giovane senza casa, di trasferirsi per qualche giorno in campagna nella sua abitazione di 6 metri quadrati ubicata su un vecchio ciliegio selvatico, immersa nel bosco, utilizzata solo per motivi di svago. Gabriele accetta senza pensarci troppo. E’ il 31 luglio 2017.

“Con me avevo solo abiti e una tavola da surf (usata come letto). La prima notte è stata difficile. Non ho chiuso occhio per gli scricchioli, i rumori, i richiami degli uccelli e degli animali notturni, frastornati e curiosi della mia presenza. Il bosco e le tenebre mi hanno fatto scappare dalla paura. Il giorno seguente, però, sono tornato cercando di abituarmi ai ritmi della natura. Poco dopo ho compreso la realtà dei fatti: volevo continuare a vivere lì, perché il bosco mi donava serenità e felicità. Mi sono innamorato di una scena che ancora oggi resta impressa negli occhi. Dalla finestra della casa sul ciliegio ho scrutato due scoiattoli che giocavano. Una scena emozionante. Volevo continuare a vivere a contatto con questi ritmi genuini, veri. Mi sono sentito a casa, in perfetta armonia con me stesso e con tutto ciò che mi circondava. Da una parentesi temporanea di riflessione la mia vita sull’albero è durata cinque anni, fino al marzo 2022. Ho lavorato molto sulle mie paure. Da solo ho rafforzato lo spirito interiore, grazie anche alla natura. Un momento importante di crescita, senza dimenticare la bellezza di vedere il ciliegio evolversi insieme a me. Anche gli alberi crescono e si trasformano, come l’uomo”.

Gabriele Ghio

Gabriele ha affrontato i primi due anni cercando le soluzioni migliori per sopravvivere in autonomia. Per il riscaldamento invernale (con punte di meno 12 gradi durante i periodi più rigidi) ha usato un fornelletto a pellet con fiamma pirolitica, un pannello solare per l’acqua calda e lampade a led per la luce. Aggiunge: “I primi tempi sono stati complicati. Mangiavo solo cibo in scatola. Il sostegno morale l’ho avuto da una cara amica. Il resto è arrivato con il coraggio di provare a vivere come realmente volevo. Il mio futuro? Da circa un anno risiedo, sempre a Roatto, in un’abitazione in affitto, circondato dal verde e dai cavalli. Ringrazio i padroni di casa per l’affetto e l’amicizia. Mi trovo molto bene, ma l’istinto mi spinge sempre verso la vita sull’albero. Continuerò a fare l’istruttore, ma sto studiando un nuovo importante progetto”.

Tutte le emozioni e le avventure di Gabriele Ghio sono racchiuse nel libro “La mia casa sul ciliegio. Lasciare la città, vivere in un bosco, essere felici” (TS Edizioni), disponibile su Amazon e nelle principali librerie nazionali. “La pioggia che cade al mattino entra nei miei sogni e mi sveglia. Sotto le coperte il caldo mi accarezza, ascolto le gocce che picchiano sul tetto. Una dolce magia, questa. Basta una leggera pioggia ad accrescere la piacevole sensazione di sentirsi dentro alla natura. Per quanto una vita come la mia potrebbe far paura, io qui mi sento protetto. Allungo la mano, sposto la tenda e fuori la natura mi aspetta”. Questo l’inizio del prologo del testo di Ghio che racchiude la vita ideale trovata tra i rami di un ciliegio, in piccoli spazi, per lui mai soffocanti, nel verde che lo circonda, nei pensieri e nei gesti semplici che ne scaturiscono, dove solo la natura è protagonista. Dalle cortecce ai piccoli e grandi animali che abitano l’ambiente selvatico, dai colori digradati di ogni stagione, dalla rugiada, posata delicatamente sulle foglie, luminosa come un diamante. Ogni dettaglio racconta come l’uomo può perfettamente restare in sintonia con l’universo che lo circonda, nel rispetto più completo. Ghio è riuscito a entrare in stretto contatto con questi ritmi per ben cinque anni consecutivi, tra difficoltà, gioie e dolori di una vita senza agi, ma possibile, aggrappandosi alla forza di provare a farcela. “Ho scoperto che la mia scelta era giusta. Poche cose perfette per vivere bene. Dopo essere sceso dalla casetta, che ho adorato fin dai primi giorni, con quella vetrata a vista sul bosco, ho intrapreso un nuovo itinerario”. Gabriele, forte dell’esperienza vissuta, decide, insieme a Jacopo Di Nardo, di progettare “TreeGo”: un viaggio durato un mese e mezzo con il fidato Toyota da nord a sud, documentato anche sulle pagine Facebook e Instagram, alla scoperta di 15 case sugli alberi.

Gabriele Ghio

“Oggi – spiega l’istruttore – non esiste una normativa italiana ad hoc per vivere regolarmente su un albero. Ho trovato solo un micro villaggio in Piemonte. Per il resto tutte abitazioni a uso turistico o ricettivo. Con questa mia esperienza vorrei portare luce e creare interesse sul tema delle case sugli alberi, aprire un varco per altre persone con il coraggio di un nuovo modo di abitare”. Una volta concluso il tour alla scoperta di case inedite, Gabriele da un po’ di tempo progetta il suo futuro abitativo, con l’aiuto di due architetti e un geometra. Il suo sogno ideale è la “Treehouse” totalmente autonoma al cento per cento. Spiega: “Insieme ai professionisti stiamo ideando una casa con materiali unici, poco costosi, sfruttando al massimo ogni risorsa naturale, pur mantenendo un design moderno, di alto livello. Una vera e propria bomboniera che vorrei costruire in un bosco accanto a una sorgente d’acqua. Lo studio è lungo e meticoloso ma ne vale davvero la pena. Nello specifico, dovrebbe essere una sorta di palafitta, per renderla totalmente legale. Due singole unità abitative (una zona giorno e una notte) di poco più di 15 metri quadrati, unite da una passerella centrale. L’idea di fondo è il rispetto dell’albero, per consentire la sua crescita naturale, evitando, così, di soffocarlo. Inoltre, vorrei progettare una casa “itinerante”, in grado di spostarsi all’occorrenza su un altro albero”.

Gabriele Ghio

Le idee di Gabriele Ghio sono molto chiare. Nei prossimi anni, vorrebbe anche viaggiare all’estero per trovare altre abitazioni, in particolare nel Nord Europa, all’avanguardia su questa tematica e in Costa Rica. Tra i prossimi traguardi anche l’idea di “costruire una casetta fuori Italia, al mare. Anzi, ne approfitto di questa intervista per chiedere ai lettori se qualcuno conosce luoghi ideali dove poter costruire sugli alberi”. Conclude: “Dopo il cambiamento radicale dei miei ritmi quotidiani, molte persone mi hanno catalogato, quasi come volessi trovare un escamotage per non pagare le bollette. Continuo a fare il mio lavoro e non ho intenzione di essere etichettato. Sono me stesso solo se vivo nel bosco; tutti dovremmo riflettere su cosa vogliamo essere nel mondo e come vogliamo vivere. Vedo persone insoddisfatte delle loro esistenze, stressate da una vita che non gli appartiene più. Basterebbe avere un pizzico di coraggio per provare a rimettersi in gioco. Non sarà facile, ma i sacrifici saranno ripagati dal raggiungere obiettivi e l’evoluzione di noi stessi”.

Marina Rissone