I sindacati lanciano l’allarme sulla sanità astigiana: “Mancano 100 medici, cure a rischio”

CGIL, CISL e UIL organizzazeranno un flash mob in Ospedale per puntare il dito sulle carenze del sistema sanitario

La Maternità di Asti, uno degli edifici simbolo della Sanità astigiana, tristemente chiusa. Per CGIL, CISL e UIL lo condizioni di abbandono della struttura dimostrano in maniera plastica lo stato un cui versa la Sanità Astigiana. I sindacati hanno spiegato le loro posizioni in una conferenza stampa, convocata appunto davanti ai cancelli della vecchia Maternità.

Quando il contenitore verrà recuperato, non sapremo cosa mettere dentro – spiega il segretario della CGIL di Asti Luca Quagliottie lo stesso discorso vale per tutte le altre case di comunità previste sul territorio“.

Stiamo assistendo sempre più ad un inesorabile arretramento del pubblico a favore del privato. La mancanza di 100 medici, 150 infermieri e 100 operatori socio-sanitari all’ASL di Asti distribuiti in tutte le specialità, determinano le lunghe liste di attesa ed una crescente sfiducia nel sistema sanitario pubblico a fronte di una presunta efficienza del sistema privato” denunciano i sindacati.

La programmazione all’interno delle facoltà di Medicina è completamente sballata da anni, così come i posti derivanti dal corso di Infermieristica, ragionando sulle tempistiche di 20 anni fa – continua Quagliottila decisione dell’ASL di “esternalizzare” le prestazioni mediche di diversi reparti tra cui anche il pronto soccorso segnano un punto nodale delle prestazioni sanitarie e mettono a rischio la salute pubblica”.

Le spese per la sanità caleranno dal 7,1% al 6,4% nei prossimi anni – aggiunge Dino Penso (UIL)o si fanno scelte chiare oppure si dica chiaramente che il servizio sanitario non sarà più pubblico. E se così sarà, una larga fetta di popolazione rinuncerà a curarsi”. Timore condiviso anche da Pierluigi Guerrini (presidente Comitato INPS): “Sono molti i pensionati che rinunciano alla salute perch non in grado di pagare il ticket sanitario”. Alessandro Delfino (FP Cisl) pone l’attenzione sulla spesa per la sanità in Italia, ben al di sotto della media europea.

Sulla Maternità, Stefano Callella (CISL) spiega come gli sforzi al momento si stanno ancora concentrando sulla fase di progettazione: “Per l’inizio vero dei lavori si parla del 2024“. Preoccupazioni, da parte del segretario Cisl, anche per il futuro della Sanità: “L’articolo 32 della Costituzione prevede un diritto alla salute e all’accesso alle cure ben preciso. Oggi in Italia questo diritto non viene rispettato”.

Diverse le richieste dei sindacati: tra queste l’abbattimento delle liste di attesa attraverso la creazione di una task force di professionisti che operino nel sistema pubblico e che garantiscano risposte in tempi brevi e l’aumento dei posti letto e la creazione anche ad Asti città di posti letto per Hospice.

Inoltre, per le sigle confederazioni è essenziale la stabilizzazione dei numerosi precari ancora presenti, nel rispetto degli accordi sottoscritti tra le Regione Piemonte e le categorie del Pubblico Impiego e la garanzia del turn over dei prossimi tre anni.

Altro punto imprescindibile è il potenziamento del reparto di pronto soccorso e dei servizi territoriali domiciliari e la definizione dei contenuti delle Case di comunità dell’Ospedale di Comunità e dell’Ospedale della Vallebelbo in tempi brevi. Questo al fine di programmare l’attività sanitaria dei prossimi anni e le figure sanitarie da assumere per garantire i servizi.

Non vogliamo che queste strutture Pubbliche finiscano in mano al privato per mancanza di capacità programmatoria da parte della Regione e delle ASL” spiegano i rappresentanti delle sigle confederali.

Le categorie del pubblico impiego e dei pensionati, unitamente alle confederazioni, organizzeranno un flash mob per venerdì 21 aprile dalle ore 10 alle ore 14 presso la “Piazza” dell’Ospedale di Asti.

È sempre più evidente come, al netto dell’effetto annunci della Regione e del Governo, sulla sanità territoriale nulla è stato fatto – denunciano i sindacati – la Pandemia, che ha colpito il mondo ed il nostro Paese in particolare, ci ha insegnato che abbiamo bisogno di più sanità pubblica e che i tagli al finanziamento sanitario, la chiusura di ospedale, la diminuzione del personale della sanità e l’incapacità programmatoria delle figure professionali necessarie al mantenimento di un elevato standard di prestazione nella risposta sanitaria sono stati scellerati ed hanno messo in crisi il sistema”.