Corso Casale, attenzione puntata sull’emergenza abitativa. “Usiamo il Maina per ricavare alloggi popolari”

Il Coordinamento Asti Est si interroga sulla questione degli sgomberi

Si è tenuta questa mattina, nella sede del Coordinamento Asti Est, una conferenza stampa per fare il punto sulla vicenda della palazzina di Corso Casale, oggetto la scorsa settimana di un controllo da parte delle forze dell’ordine, che portato a un paio di fermi e diverse identificazioni degli occupanti.

Gli eventi della scorsa settimana hanno riacceso i riflettori sul problema dell’emergenza abitativa in città: la possibilità di un sequestro del palazzo, con contemporaneo sgombero degli occupanti, infatti, ha messo in allarme l’Associazione. “C’è un problema enorme nell’affrontare l’emergenza abitativa in questa città – spiega Luisa Raserola sola risposta che sentiamo a questioni come quella di corso Casale, o altre simili come in via Gancia, è la parola sgombero. Come se, con lo sgombero si risolvessero tutti i problemi, e si riuscisse a tenere sotto silenzio quelle che sono i drammi di un sottobosco che si vuole mantenere sotto traccia e non fare entrare all’interno del pubblico dibattito. Ma qui stiamo parlando di persone  e famiglie con le loro storie”.

Di una narrazione diversa di questa vicenda ha parlato anche il presidente del coordinamento Samuele Gullino, che ha spiegato, introducendo le storie dei vari residenti di come la realtà sia più complicata: “Spesso si parla della questione abitativa come una vicenda di illegalità diffusa e di insicurezza pubblica. Così non è perchè molto spesso in queste situazioni si ritrovano persone completamente trasparenti per la società, impossibilitate ad accedere ad un lavoro regolare e ad un contratto di affitto”. 

Le storie riportate dagli occupanti, di cui abbiamo parlato diffusamente nell’altro articolo, riportano infatti canovacci simili: problemi nell’avere un lavoro retribuito, con occupazioni che sfociano spesso in un vero e proprio sfruttamento e una compravendita di contratti di affitto per dimostrare una residenza in grado di soddisfare i requisiti per un permesso di soggiorno. “Tutto questo – spiega ancora Gullino – fa sì che persone alla disperazione si trovino in situazioni di assoluta necessità, costrette a vivere in posti spesso fatiscenti“.

Il coordinamento punta il dito su un fallimento delle politiche abitative del Comune :”queste persone non possono accedere al mercato regolare degli affitti. Se non interviene il comune con un piano per implementare le case popolari ci troveremo di fronte  sempre a vicende come questa. E Michele Clemente, vice presidente del Coordinamento lancia una proposta: “Utilizziamo il Maina, ora dismesso, per ricavare alloggi di edilizia popolare”.

Sulla questione è intervenuto, con una interpellanza, anche il consigliere di Ambiente Asti Mario Malandrone: ” Il Comune ha agito per prendere in carico la situazione sociale e abitativa di chi ci vive o se lo ha fatto unicamente perchè obbligato a seguito della querela sporta nel 2022 dai proprietari e di quanto disposto dal Pubblico Ministero e dell’azione coordinata dalla Procura della Repubblica di Asti?” si chiede, aggiungendo: “Quali azioni ha messo in campo il Comune in questi ultimi anni, per programmare una presa in carico delle persone residenti nello stabile, che risulta occupato ormai da circa dieci anni?  Le famiglie presenti negli immobili erano già prese in carico dai Servizi Sociali? L’Amministrazione non ritiene, visti i sempre più frequenti sgomberi (dovuti anche a situazioni differenti), di doversi dotare di una struttura temporanea che possa accogliere famiglie utilizzando edifici vuoti in città?”


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