Le Rubriche di ATNews - Speciale 118 Sindaci

Speciale 118 Sindaci: intervista a Luigi Gallareto, Sindaco di Monastero Bormida

Ritornano le interviste del progetto dell’Associazione L’Astigiano 3.0 “118 Sindaci”. Era il 28 marzo 2020 quando pubblicammo l’ultima delle “mini” interviste realizzate ai neoeletti nella tornata del 2019, ma la pandemia bloccò tutto.

Ricominciamo ora, con le interviste complete. La parola a Luigi Gallareto, Sindaco di Monastero Bormida. 

Da bambino aveva mai immaginato di diventare sindaco?

No, quando ero piccolo pensavo che avrei fatto il barbiere, è un mestiere che mi incuriosisce e mi attira. Non il parrucchiere, proprio il barbiere, come una volta. Poi ho studiato per fare l’insegnante, ho lavorato un po’ nella casa editrice di Slow Food, infine, nel 1997, ho partecipato a un concorso pubblico nel Comune di Montechiaro d’Acqui e l’ho vinto. Quel lavoro mi piace molto e lo svolgo tuttora. Ecco, da lì ho iniziato a entrare nell’ottica dell’Ente Pubblico e forse è stata quella la prima scintilla che mi ha portato a pensare di occuparmi in prima persona della amministrazione del mio paese

Come è nata la Sua candidatura a sindaco?

Nel 2003 terminava la seconda tornata amministrativa del sindaco Paolo Rizzolio, un generale dei Carabinieri in pensione, ottima persona, di grande serietà, che aveva ereditato una situazione difficile, con il Comune commissariato nel 1994 e profonde spaccature nella comunità locale. Ho scelto di mettermi in gioco, ho composto una bella squadra composta da alcune persone dell’amministrazione uscente e alcuni della minoranza di allora, nel tentativo di ricostruire un clima di maggiore concordia: è stata una scelta giusta, taluni di loro, dopo vent’anni, sono ancora con me in Consiglio Comunale… C’erano due liste, fu una bella sfida, una campagna elettorale combattuta ma leale.

Aveva già qualche esperienza di tipo amministrativo o comunque nel settore pubblico?

Come amministratore pubblico no, ma lavoravo da alcuni anni nel Comune di Montechiaro d’Acqui e quindi mi ero impratichito su burocrazia, procedimenti amministrativi, richiesta di finanziamento ecc. Questo duplice ruolo di sindaco di qua e funzionario di là è sempre stato per me un grande vantaggio: intanto rafforza il legame con i dipendenti del Comune, che sono la vera ossatura dell’ente locale, in secondo luogo se un impiegato si ammala o è in ferie e serve fare urgentemente un mandato di pagamento, una delibera o una carta di identità posso provvedere direttamente… Al di là di questo, a Monastero Bormida ero da tempo impegnato nella Pro Loco, nel Circolo Langa Astigiana e nelle varie associazioni del territorio. La nostra valle negli anni ’80 e ’90 ha lottato molto per liberarsi dal gravissimo inquinamento dell’Acna di Cengio che riversava reflui chimici nelle acque del Bormida; ecco, direi che se dobbiamo andare proprio indietro, è da lì che è nata la volontà di partecipazione alla vita pubblica dei nostri paesi, non solo in me, ma in tanti colleghi amministratori della nostra valle.

Quale è stato il suo primo pensiero nel momento che ha capito di essere stato eletto?

Se parliamo della prima elezione, quella del 2003, il mio primo pensiero è stato “Ho voluto la bicicletta, adesso devo pedalare…”. Poi nella tornata successiva del 2008 e in quella ultima del 2018 (nel 2013 ero stato assessore del sindaco Ambrogio Spiota, già mio vicesindaco) c’era già una certa abitudine, c’era la lista unica, la competizione era meno sentita e il pensiero è stato più che altro quello di continuare a realizzare il programma che di volta in volta si perfezionava e si completava.

Quale è stato l’impegno più complesso che in questa carica ha dovuto affrontare?

Se ci riferiamo in generale a tutta la mia esperienza amministrativa, l’impegno più complesso è stato quello, nei primi anni, di ricreare il senso di appartenenza della comunità locale, che, come ho accennato prima, veniva da un lungo periodo di dissidi e di contrasti. In Comune pendevano decine di procedimenti giudiziari (molti dei quali già in fase di definizione per merito del mio predecessore), ma soprattutto la gente era divisa tra appartenenze diverse e ormai anacronistiche. Un passo per volta, con grande cautela, abbiamo chiuso le cause in essere e abbiamo riavvicinato i gruppi, le associazioni, senza gettare un colpo di spugna su alcuni gravi errori del passato, ma distinguendo tra i problemi e le persone.

Se invece parliamo di oggi, ecco, direi che adesso paradossalmente la situazione è all’opposto. La comunità diventa a volte un po’ inerte, pur in presenza di tante iniziative, di opere pubbliche, di occasioni di svago, di incremento di servizi. Ma la tendenza a delegare, a disinteressarsi è molto forte. Manca quello spirito di imprenditoria, quella volontà di investire, di rischiare, di credere nel futuro, di aprire nuove attività, di scegliere di restare sul territorio e lavorare per farlo crescere. Non è così per tutti i settori, ad esempio l’agricoltura di qualità (moscato, robiola, nocciole ecc.) conta molti giovani che hanno rilevato le aziende dei nonni e stanno ottenendo ottimi risultati. Lavorare la terra, che fino a pochi decenni fa era considerato un mestiere “da sfigato”, oggi è diventato “figo”. Vorrei che lo stesso spirito ci fosse anche in altri settori, la piccola imprenditoria, il commercio, l’edilizia, perché il lavoro è la molla che fa girare la società, che fa fermare le famiglie giovani, che consente di mantenere quei servizi (asilo nido, scuole, trasporti, banca, poste, mercato, negozi, uffici, ambulatori medici, farmacia, teatro, impianti sportivi ecc.) che sono l’essenza di un paese.

A quale tipologia di materia o argomento deve dedicare più tempo?

Per la mia stessa formazione professionale, dedico molto tempo all’andamento amministrativo del Comune, in particolare alla programmazione delle attività, alla partecipazione ai bandi di finanziamento, alla fattibilità delle opere pubbliche, alla attenzione alla sostenibilità del bilancio. E poi alle attività di valorizzazione turistica e culturale del territorio, che sono il mio “pallino”.

Fino ad oggi, quale è stato l’atto da lei compiuto in carica che le ha dato più soddisfazione?

Il recupero, iniziato oltre 20 anni fa e non ancora completato, del grande compendio storico-architettonico di Monastero Bormida: un complesso comprendente il castello (ormai quasi completamente ristrutturato ma con nuovi interventi in previsione per la musealizzazione del piano nobile e la stesura di un piano di manutenzione programmata e scientifica), la torre campanaria, il ponte romanico, la ex-filanda (in fase di recupero, dove si stanno trasferendo Guardia Medica e sede Croce Rossa e dove in futuro ci saranno spazi socioassistenziali per anziani, locali a disposizione dei giovani che vogliano aprire attività commerciali o artigianali e un vero e proprio “incubatore di imprese”) e l’antico mulino, casa natale dello scrittore Augusto Monti, dove si sta completando un recupero delle strutture e dei macchinari storici e si sta allestendo la “Casa delle Sementi”, un progetto di coltivazione e scambio dei semi di cereali, legumi e ortaggi tradizionali e tipici dei territori, per favorire la biodiversità e mantenere la ricchezza delle varietà contadine rispetto alle omologazioni delle sementi distribuite dalle grandi multinazionali. Ecco, per descrivere tutto questo non basterebbe lo spazio di questa intervista, ma l’importante è che, con tanti lotti, si arrivi alla fine a un recupero organico di questo meraviglioso compendio, che è la nostra storia e può essere il nostro futuro.

In che modo comunica con i cittadini?

Qui ci conosciamo tutti, quello di comunicare con i cittadini non è mai stato un problema. Tutti hanno il mio numero di cellulare, tutti sanno quando e dove possono trovarmi, in Comune, in piazza o a casa… In più, da alcuni anni abbiamo un gruppone whatsapp che raggiunge quasi tutte le famiglie e che usiamo sia per informazioni e comunicazioni, sia per segnalazioni di eventuali criticità (il cosiddetto “controllo del vicinato”). Infine, invio anche comunicazioni via sms a due gruppi, uno per tutti i cittadini e uno specifico per i genitori degli scolari. Ma il modo migliore per dirci le cose è vederci in paese…

Soddisfatto di come porta avanti il suo incarico o no? Si augura di poter continuare per altri mandati amministrativi?

Come in tutte le attività umane, pure nello svolgimento di questo compito ci sono alti e bassi, entusiasmi e delusioni. Anche se l’aspetto emozionale è importante, io non procedo per sentimento, ma per metodo, e il mio metodo è il programma. Ho nella testa quello che con i miei consiglieri abbiamo programmato di fare e lì dobbiamo arrivare. Certo che poi in questi ultimi anni, tra l’alluvione del 2019 e la pandemia, molti cronoprogrammi sono saltati e bisogna un po’ rimodulare tutto. In questo senso forse si potrebbe valutare di continuare anche dopo la scadenza del mandato (la prossima primavera 2023), ma questa non deve essere una ossessione, bensì una scelta volontaria e ponderata. Soprattutto, dopo tanti anni, devo essere consapevole che una volta o l’altra sarà opportuno passare la mano a qualcuno più giovane e motivato, altrimenti a lungo andare si rischia di perdere quella freschezza di pensiero e quella ampiezza di vedute che sono la condizione essenziale per essere un buon sindaco.

Quali accorgimenti che lei ha attuato consiglierebbe ai colleghi per rendere l’azione del sindaco più efficace?

Non credo proprio di dover dispensare consigli agli altri Sindaci, ma se proprio devo indicare un punto, direi che dobbiamo tutti imparare a pensare e programmare le nostre attività su due tempistiche diverse: la quotidianità delle cose necessarie, senza le quali il paese degrada, e la capacità di pensare a lungo termine, di fare delle ipotesi su come si vorrebbe il paese tra 10 o 20 o 30 anni. Questo serve per impostare ora le azioni e i progetti che daranno i loro frutti nella comunità che verrà.

Di cosa avrebbe bisogno un sindaco per fare funzionare meglio la macchina comunale?

Di avere norme specifiche per i piccoli Comuni che, oltre ad assegnare risorse, semplifichino la macchina della burocrazia, consentano di fare presto e bene e soprattutto di non impantanarsi in procedure complicatissime senza sostanza. Lo sa che per fare il bilancio in un paese di 1000 abitanti ci vanno le stesse incombenze che servono a Torino o Milano? Adesso le cito delle sigle: CUP, CIG, BDAP, AGID, ANAC, PAGOPA e via dicendo. Lo sa che dietro ognuna di quelle sigle si celano difficoltà enormi per i pochissimi funzionari dei nostri Comuni, con il rischio di perdere finanziamenti, di non seguire bene i lavori pubblici, di vedersi sottrarre risorse già assegnate? Adesso il PNRR ci finanzia (fin troppo…) la completa digitalizzazione dei nostri Comuni. Ottima cosa, ma serve anche lavorare sulle competenze dei dipendenti, che non possono essere “tuttologi” e saper fare ogni cosa. Nei nostri Comuni spesso ci sono uno o due funzionari che devono spaziare in tutti i campi della pubblica amministrazione. Se non sono supportati si impallano. Una grossa mano potrebbero darla le Unioni, se diventassero davvero delle agenzie di servizi per i Comuni che ne fanno parte.

Il problema sicurezza nel suo Comune come è percepito dai cittadini? Cosa viene fatto e cosa, eventualmente, si dovrebbe fare di più

Il problema sicurezza è stato trattato in modo organico all’inizio di questa ultima tornata amministrativa e si è operato in due direzioni: una è stata la organizzazione del “controllo del vicinato”, con l’attivazione di canali di segnalazione di movimenti o figure sospette, automobili con percorsi “strani” e così via, la seconda è stata quella di procedere, grazie a un contributo ministeriale, con la installazione di un moderno ed efficace sistema di telecamere, alcune delle quali con lettura targhe, su tutti gli accessi al concentrico. Questo non elimina del tutto il problema, qualche furto può verificarsi, senza contare che la campagna risulta meno presidiata. Per questo è fondamentale la collaborazione con le Forze dell’Ordine, in particolare con la stazione Carabinieri di Bubbio, che continuamente interagisce con noi per tenere sotto controllo eventuali criticità. Un’altra iniziativa che proponiamo tutti gli anni è la erogazione di contributi comunali a chi installa impianti di allarme o di videosorveglianza, importante deterrente per i malintenzionati.

Sono aumentati negli ultimi anni i bisogni sociali della popolazione? Di che tipo? Cosa si può fare per affrontarli meglio?

La nostra è una realtà piccola e i bisogni sociali sono in genere abbastanza conosciuti. L’azione del Comune e delle Associazioni di Volontariato (Caritas, Croce Rossa..) si volgono soprattutto all’assistenza economica di nuclei in difficoltà, problema che si è acuito con la pandemia e che si è cercato di risolvere sia con la erogazione di buoni alimentari, sia con sussidi per bollette e affitti. Per le problematiche più gravi (minori, anziani, disabili) subentra la professionalità degli operatori del Consorzio CISA Asti Sud, a cui apparteniamo. Un servizio di cui siamo molto orgogliosi è il nostro micronido, attivo dal 2006, così come i centri estivi, il doposcuola ecc. Speriamo di poter dare seguito, con i fondi PNRR, al progetto del Centro Diurno per Anziani, che sarebbe davvero necessario in una zona dove oltre il 10% della popolazione è ultraottantenne.

Ci sono organizzazioni di volontariato nel suo Comune? Collaborano con il Comune? Se sì, in che modo? Se no, come potrebbe svilupparsi una sinergia tra amministrazione e no profit?

Il volontariato è una costola essenziale del sistema paese. Questo vale per ogni Comune d’Italia e ancora di più per noi piccoli enti montani. Il volontariato consente di mantenere servizi e di realizzare manifestazioni che non potrebbero essere sostenibili se attuati secondo le regole del mercato. Il fare qualcosa per gli altri è il collante della nostra comunità. Le associazioni non mancano (una bella Pro Loco composta da giovani, la Protezione Civile, la Croce Rossa, gli Alpini, la Pallonistica, l’Associazione Museo del Monastero che si occupa delle attività culturali ecc.), il problema è che spesso le persone sono sempre le stesse, che magari “cambiano maglietta” e al mattino sono in Croce Rossa, al pomeriggio in Pro Loco e alla sera in Protezione Civile… Ecco, quello che sarebbe auspicabile è una maggiore partecipazione di quella parte della popolazione che tende a delegare e a non mettersi in gioco in prima persona. Una soluzione comoda, ma che a lungo andare impoverisce la comunità locale. Qui siamo tutti sulla stessa barca, o remiamo un po’ ciascuno o rischiamo di affondare…

Ha ancora un sogno o un progetto tutt’ora nel cassetto, che vorrebbe poter realizzare?

Uno? Ne ho un sacco… Come dicevo prima, bisogna imparare a pensare sul lungo termine. Ma se devo sceglierne uno, direi che è quello di trovare il modo per invertire il lento ma graduale calo demografico: oggi metà delle case del concentrico sono vuote, ma, paradossalmente, si fatica a trovare un alloggio da comprare o da affittare; diversi negozi o attività chiudono ma, paradossalmente, non si trovano giovani che vogliano rilevarli e aprirsi alle possibilità che la Langa dà per il futuro. Ecco, il mio sogno è fare un piano di sviluppo, anche coinvolgendo esperti del settore, che dia “la scossa” a quelle parti della nostra comunità che si rassegnano, si assopiscono o pensano ad un futuro lontano dal nostro paese. Solo con il lavoro si può invertire la tendenza, occorre creare occasioni di lavoro, favorire l’insediamento di piccole aziende, avviare il meccanismo virtuoso della crescita che poi si alimenta da sé. Con l’agricoltura e con il turismo ce l’abbiamo fatta, ma non basta, perché non si vive solo di quello. Saremo in grado di seguire questi esempi virtuosi anche negli altri settori? Io spero di sì, anzi ne sono convinto, se no che sogno sarebbe?