Le code dei richiedenti asilo davanti alla Questura di Asti diventano un caso politico

Le lunghe code di persone, fuori dalla Questura di Asti, per cercare di ottenere asilo politico, hanno suscitato le attenzioni della minoranza. I migranti, perlopiù pakistani, ma anche afghani percorrono la rotta balcanica ed entrano dalla frontiera del nord est e si sparpagliano sul territorio.

Ultimamente, scartati dai grossi centri come Torino e Milano – spiegano i consiglieri Mauro Bosia e Vittoria Briccarello (Uniti si Può) e Mario Malandrone (Ambiente Asti) – si riversano su provincie limitrofe più piccole. Ad Asti sono giunte persone intenzionate a richiedere asilo provenienti dalla rotta balcanica che, non essendo state identificate in ingresso in Italia, non hanno potuto formalizzare tale richiesta. I migranti, formalmente senza alcuna autorizzazione a permanere sul territorio e senza identificazione formale e, ça va sans dire, senza alcun documento riconosciuto sul territorio italiano, si presentano presso le questure e comunicano, a voce, l’intenzione di richiedere asilo sul territorio italiano. Naturalmente la comunicazione verbale non è tracciata e quindi può non essere resa ufficiale e vincolante le autorità, anche se ogni pubblico ufficiale, anche secondo i vademecum del Ministero dell’Interno, dovrebbe facilitare la richiesta anche attraverso l’identificazione. Secondo la legge, infatti, i governi firmatari della Convenzione di Ginevra dovrebbero accogliere qualunque richiesta di asilo e recepire l’intenzione di questa richiesta in qualsiasi modo essa sia manifestata”.

Queste persone molto spesso stazionano davanti alla Questura ma non possono accedere per ora ne al sistema dell’ accoglienza ,ne ai servizi di integrazione dormendo in posti di fortuna. “Dopo la conferenza stampa di lunedì scorso, il questore ha preso iniziativa e ha deciso di foto segnalare i pakistani presenti – continuano i consiglieri – il foto segnalamento non è la formalizzazione della richiesta di Asilo. E’ solamente la certificazione della presenza del foto segnalato sul territorio. Con il foglio del foto segnalamento, i ragazzi non hanno comunque diritto di accedere ai servizi del welfare, in quanto esso non costituisce un surrogato di documento di identità ne di soggiorno. Il vantaggio di questo foto segnalamento è quello di aver restituito un riconoscimento ufficiale della presenza sul territorio di questi stranieri (da ora le istituzioni se ne devono fare carico, compresa la questura che, infatti, ad un certo punto, sarà obbligata a chiamare queste persone per dar loro la possibilità di formalizzare la richiesta di asilo)”.

I consiglieri chiedono all’Amministrazione quali interventi anche di bassa soglia sta mettendo in campo il comune e di come il Comune si sta occupando delle persone che dormono e stazionano di fronte alla Questura.

“Come intende trovare l’amministrazione una soluzione dignitosa per queste persone anche al fine di proteggere la comunità sia dal rischio sociale di finire in circuiti illegali, parlando di persone che arrivano da paesi nei quali c’è un alto tasso di persone affette da tbc, oltre ad essere un serbatoio di poliomelite e che hanno alle spalle un viaggio caratterizzato da condizioni estreme anche sul piano sanitario. Perché l’amministrazione non mette a disposizione strumenti emergenziali per queste persone come palestre, ampliamento momentaneo del dormitorio con accesso speciale senza documenti ufficiali?” chiedono i consiglieri in una interpellanza.