“Congedi di paternità: quando la parità discrimina”

La legge di bilancio 2021, con il comma 363 dell’art.1 ha aumentato il congedo di paternità obbligatorio e retribuito, portandolo da 7 a 10 giorni (nel 2019 era 5 giorni), adeguandosi così al minimo richiesto dall’UE con la direttiva europea 2019/1158.

“In attesa delle disposizioni dell’INPS – spiega Salvatore Bullara, CISL FP Alessandria Asti – che stabiliranno le modalità tecniche per la fruizione del congedo (presumibilmente le stesse degli anni precedenti) si precisa che i 10 giorni sono fruibili interamente solo per le nascite avvenute dal 1 gennaio 2021 fino al 31 dicembre 2021 (fino al 31 dicembre 2020 infatti i giorni erano 7, più eventualmente un altro, facoltativo, in sostituzione della madre e in accordo con questa) e spettano anche in caso di adozioni, affidamenti e di feto nato morto.

Purtroppo, come ormai consuetudine, – fa notare Bullara – tale disposizione vale, incomprensibilmente, solo per i padri lavoratori dipendenti del settore privato.”

Infatti, scendendo più nello specifico, la legge di bilancio 2021 ha disposto espressamente che per i dipendenti pubblici occorre aspettare un decreto del ministero della funzione pubblica. “In passato tale tesi non era sorretta da alcuna norma, ma solo da un parere dell’Aran, ma tali pareri, come ha recentemente confermato la cassazione, non hanno alcun valore interpretativo perché non sono di un organo terzo – specifica sottolineando come “la norma preveda che i dipendenti pubblici possono prendere solo i 3 giorni previsti dal contratto per “particolari motivi”: una bella discriminazione. 

Discriminazione che va avanti da anni ormai e che, anno dopo anno, è diventata sempre più grave ed evidente, nonostante già stata contestata in passato, sia a livello nazionale che regionale (ricordiamo che analoga discriminazione era presente nel progetto Ri.Ent.R.O. della regione Piemonte, ed era stata denunciata dalla scrivente organizzazione sindacale), ma i governi hanno finora fatto finta di nulla, in attesa della solita condanna dell’UE, che prima o poi arriverà, e i cui costi si scaricheranno sulla collettività.
Anche questo provvedimento quindi, pur nella sua utilità per (una parte) dei lavoratori, attesta inconfutabilmente la necessità di una revisione completa e sistemica di tutta la normativa relativa al sostegno alle famiglie e ai congedi parentali.  È giunta l’ora di un nuovo T.U. sui congedi parentali che sostituisca la ormai vetusta legge 92/2012.”


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