I risultati dell’analisi economica della CGIL: “Asti non gode di buona salute”

Il mercato del lavoro: la debole ripresa dell’occupazione, le difficoltà della forza lavoro più giovane

In una fase di ripresa dell’occupazione che ha interessato la maggior parte delle aree del Centro-Nord (compreso il Piemonte) grazie all’accresciuta partecipazione femminile e all’aumento delle posizioni di lavoro dipendente, il mercato del lavoro di Asti si contraddistingue per il perdurare di alcuni storici fattori di debolezza. Infatti, la nostra provincia si distingue con il V-C-O per una complessiva immobilità dell’offerta di lavoro, se valutata su base decennale. Rispetto al 2008, il suo tasso di attività (dato dal rapporto tra forze di lavoro e popolazione residente), considerando soltanto gli individui tra 15 e 64 anni, è rimasto quasi immobile (+0,4 punti percentuali) a fronte di una crescita regionale di 3,2 punti. Il suo tasso di occupazione, inoltre, è diminuito di 2,5 punti percentuali, collocandosi al 64% nell’ultimo anno di rilevazione, ovvero nella posizione più bassa tra le province piemontesi. Il calo è spiegato interamente dalla dinamica del tasso femminile, in grave ritardo rispetto alla media regionale (-4 punti percentuali) e persino in calo dal 2008, mentre in tutti i paesi europei (Italia compresa) fornisce il maggior contributo alla crescita dell’occupazione. La disoccupazione non si è ridotta in misura significativa nemmeno rispetto al 2013, quando gli effetti della Grande Recessione colpivano più duramente il Paese, ed è preoccupante la sostanziale immobilità del tasso di disoccupazione giovanile, pari al 23,1%. In tutte le altre aree del Piemonte questo indicatore, seppure si mantenga molto al di sopra degli standard europei, ha invece intrapreso un percorso di discesa. Considerando le aree in maggiore difficoltà, il tasso di disoccupazione giovanile è sceso in cinque anni di 5,6 punti percentuali ad Alessandria, di 7,4 punti a Biella e di 8,7 punti a Torino. Il miglioramento più sensibile è stato registrato a Vercelli, dove è sceso di quasi 20 punti.

La scarsa partecipazione dei giovani al mercato del lavoro è confermata dall’andamento degli indicatori: il tasso di occupazione dei giovani 15-29enni del Piemonte è sceso dal 52,8% del 2004 al 42,8% del 2011 fino al 37,1% rilevato nel 2018. Questo andamento è stato condizionato dalla lunga fase di recessione che ha penalizzato le fasce più giovani rispetto a quelle degli «insider» anziani più tutelati, contribuendo ad accentuare la «dualizzazione» del mercato del lavoro italiano. Tuttavia risultano cruciali anche i cambiamenti nella piramide demografica, elementi di natura culturale e abitativa, la crescita della partecipazione ai percorsi universitari, l’innalzamento dell’età media del pensionamento, le carenze del sistema scolastico e la scarsa partecipazione ai programmi di formazione professionale, proprio in una stagione di profondi cambiamenti nella struttura demografica che impongono una riflessione sulle necessità di riformare il mondo dell’istruzione e di creare maggiori sinergie con quello dell’impresa. Un altro elemento di rilievo è il blocco del turnover nella Pubblica Amministrazione, dove gli occupati giovani si sono dimezzati nell’arco di dieci anni (ISTAT, 2019). La forza lavoro piemontese (e italiana) è in una fase di senilizzazione critica (che rischia di generare squilibri nell’offerta di capitale umano), solo in parte giustificata dai cambiamenti nella piramide demografica. La percentuale di lavoratori 15-29enni sul totale è passata dal 18,9% del 2004 al 12% del 2018 e, nello stesso lasso di tempo, gli ultrasessantacinquenni sono passati dal 10,3% al 21,2%. Nella nostra provincia gli occupati giovani sono una percentuale ancor più ridotta (10,9%), che supera soltanto quella di Biella, la provincia più anziana del Piemonte.

Il 27,2% degli occupati della Provincia di Asti sono lavoratori indipendenti: una percentuale in forte calo nell’ultimo triennio, all’inizio del quale raggiungeva il 32,4%.
La forza lavoro locale è impiegata per il 9,3% nel settore agricolo, per il 26% nel settore manifatturiero, per l’8,2% nelle costruzioni e per il 55,6% nei servizi. Rispetto al 2008 l’occupazione astigiana non si è «terziarizzata» come avvenuto nella maggior parte delle aree del paese, ma ha aumentato il proprio peso nei settori dell’agricoltura e delle industrie.

Il tessuto produttivo della nostra provincia mostra, in affinità con quello cuneese, una consistente presenza di imprese agricole, che incidono per il 28,6% sul totale delle imprese astigiane e soltanto per il 13,5% sul totale delle imprese piemontesi. Il complesso del settore industriale (costruzioni, manifattura e altre industrie) comprende il 24% delle imprese attive (un’incidenza leggermente inferiore a quella regionale). Le imprese attive nei servizi sono meno del 50%, mentre la stessa percentuale supera il 60% a Biella, a Novara e nel V-C-O ed è vicina al 70% nella provincia di Torino.
Il valore aggiunto prodotto dalle circa 6.000 imprese agricole dell’Astigiano è tuttavia una quota marginale rispetto al totale, essendo pari soltanto al 4,2%. Il settore delle industrie produce il 29,7% del valore aggiunto (il 21,2% se si considera soltanto la manifattura), quello dei servizi il 66,1%.