Al castello di Monastero Bormida le opere di Pietro Morando foto

E’ stata inaugurata sabato scorso, 1 giugno, nel  Castello medievale di Monastero Bormida (piazza Castello, 1) l’esposizione dedicata al pittore Pietro Morando, un’antologica con oltre 120 opere.

La mostra, curata da Rino Tacchella e Mauro Galli, è una proposta dell’Associazione Culturale Museo del Monastero. In parte finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e patrocinata dalla Provincia di Asti, sarà aperta fino all’ 11 agosto.

“All’approssimarsi del 40° anniversario della scomparsa di Pietro Morando, il pittore alessandrino maggiormente connesso, ad eccezione di Carlo Carrà che però ha operato lontano dalla natia Quargnento, con le correnti artistiche che hanno caratterizzato la scena pittorica nazionale fino al secondo dopoguerra, è apparsa opportuna una riconsiderazione complessiva della sua opera che, già in vita, aveva ottenuto ampi riconoscimenti anche a livello nazionale come attesta la presenza di sue opere nelle più prestigiose mostre italiane, dalle Biennali di Venezia alle Quadriennali romane” spiega l’Associazione.

La mostra, con opere significative, ripercorre tutti i momenti in cui si è articolato il variegato itinerario pittorico di Morando che in base al tipo di linguaggio impiegato può essere ripartito in due momenti: una prima fase di ricerca espressiva e una seconda fase in cui Morando sviluppa una sua singolare sintassi pittorica.

I due saloni che compongono lo spazio espositivo del Castello ben si adattano a questa ripartizione. La rassegna inizia con opere divisioniste, dipinte sulla scia di Segantini e dei maestri alessandrini, Morbelli e Pellizza, ai quali lo legavano l’interesse per gli umili e i diseredati. Il percorso espositivo prosegue con le opere del primo dopoguerra quando, dopo una breve fase naturalista e post impressionista, Morando aderì al clima del “ritorno all’ordine” entrando in fruttuosa dialettica con le opere di Felice Casorati e dell’amico Carrà, che resterà un suo costante punto di riferimento, ma anche con le suggestioni provenienti dal Novecento teorizzato da Margherita Sarfatti e con le atmosfere sospese e incantate dal “realismo magico”.

Influenzato dal “primitivismo neogiottesco” di Carrà, nella seconda metà degli anni ’20, l’artista alessandrino elabora l’icona più caratteristica della sua pittura, la figura del viandante, intrisa di pauperismo francescano e avvolta da un intenso afflato spirituale che si rivela nelle sue tavole di viandanti e nelle sue mistiche Annunciazioni ispirate al Beato Angelico.

E’ampiamente documentata anche la fase del suo “primitivismo agreste”, fortemente radicata nella terra monferrina, con le famiglie contadine ritratte nella quiete idilliaca delle pause di lavoro, con i balli dei momenti di festa e i mercati del bestiame che si svolgevano sotto gli alberi nelle periferie dei paesi. Ma anche paesaggi con marine dipinte in compagnia dell’amico Carrà, e significativi scorci di paesi del Monferrato dove era solito recarsi in bicicletta. La sezione si chiude con alcuni quadri che documentano gli umori e le speranze alla fine del conflitto.

Il percorso prosegue nel secondo spazio in cui sono raccolte le opere prodotte nel dopoguerra, quando Morando ha individuato una sua sigla espressiva, una sua individualità linguistica, un suo stile che gli ha dato quella riconoscibilità fino a quel momento non raggiunta. Una pittura in cui alle curve si sostituiscono gli spigoli vivi e le linee rette, dove i temi sono sempre gli stessi: i poveri e gli emarginati, i mendicanti, i facchini, i pastori, le massaie, schematizzati e semplificati, deformati e ingigantiti.

Sono esposte anche delle tele dedicate al paesaggio e in particolare quelle destinate ai luoghi più emblematici di Alessandria, alle sue piazze, alle sue strade, ai suoi palazzi, immersi in un’immobile e ovattata atmosfera romantico-metafisica. Un amoroso omaggio alla città dove era nato, dove aveva operato, dove aveva sempre vissuto e di cui ha saputo cogliere l’essenza più segreta.

Una saletta finale conterrà alcuni esempi dei disegni di guerra realizzati in trincea e durante la sua detenzione nel campo di concentramento; disegni che sono stati pubblicati in due edizioni: nel ’25 quella di dimensioni ridotte dal titolo Disegni di Guerra di Pietro Morando, e poi nel ’33 nel corposo volume intitolato I giganti, entrambe contenenti la medesima prefazione dello scultore casalese Leonardo Bistolfi. Saranno anche esposti dei monotipi (olii su carta) realizzati sul finire degli anni ’20 e una serie di disegni preparatori per le opere murali realizzate nella Casa del mutilato e nella Casa Littoria di Alessandria, cancellate rapidamente alla fine del conflitto, nelle quali Morando ha offerto una propria declinazione del muralismo teorizzato da Cagli e da Sironi.

La rassegna, che si terrà negli ampi saloni dei sottotetti del castello di Monastero Bormida, sarà accompagnata da un catalogo corredato dai due saggi critici dei curatori che ripercorrono tutta la sua carriera di pittore, da una ricca sequenza di immagini a colori delle opere esposte, da un’aggiornata bibliografia e da una silloge dei più importanti interventi critici sulla sua figura di uomo e di artista.

La mostra è aperta sabato (dalle 16 alle 20) e domenica (10-13 e 16-20). Gli altri giorni per comitive e gruppi su prenotazione.

Per informazioni e prenotazioni, Associazione Culturale Museo del Monastero: 349 6760008; museodelmonastero@gmail.com