Con la rassegna “Ambiente & salute” promossa dall’AVIS cresce la consapevolezza dei pericoli che ci circondano

Si è conclusa questa mattina con la proiezione al Cinema Lumiere  riservata agli studenti delle Scuole Secondarie di II grado del film Anote’s Ark la quattro giorni della rassegna “Ambiente e salute” promossa dall’AVIS Comunale Asti, in occasione dell’80° anniversario della sua fondazione, in collaborazione con l’Associazione Cinemambiente.

Una rassegna che, come ha precisato la presidente dell’associazione comunale, Bruna Accornero, sin dai primi incontri, non voleva spaventare, ma semplicemente informare quali sono i pericoli che ci circondano di cui non ci rendiamo conto.

Tanti i temi toccati e, come da spirito della rassegna, tante le informazioni emerse nella quattro giorni di proiezioni, incontri e dibattiti che hanno avuto il merito di aprire gli occhi e la mente a tante persone.

Aperta dalla lectio magistralis dedicata a “Inquinanti e contaminanti, salute e donazione di sangue”, ospitata dall’Aula magna UniASTISS del Polo Universitario Rita Levi Montalcini, la rassegna è iniziata affrontando il complesso dei temi di riferimento, con l’intervento di Anna Pino, esperta del Dipartimento Ambiente e connessa Prevenzione Primaria dell’ISS, e da Vincenzo Saturni, dirigente medico presso il Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell’ASST Sette Laghi di Varese, che hanno catturato l’attenzione degli studenti di infermieristica che hanno gremito l’aula.

Sempre venerdì la rassegna si è trasferita prima a Fuoriluogo e poi allo Spazio Kor, con due appuntamenti su un tema molto attuale:  l’elettrosensibilità.

L’analisi del fenomeno è stata introdotta dal cortometraggio del regista francese Ismaël Joffroy Chandouti, Ondes noires, in cui le testimonianze di tre persone intolleranti ai campi elettromagnetici illustrano le difficoltà incontrate da chi soffre della sindrome nella quotidianità di una società iperconnessa.

Alla proiezione è seguita da una performance al theremin di Lorenzo Giorda. Il musicista sperimentale torinese, conosciuto come “Lord Theremin”, considerato un virtuoso e un innovatore dell’antico ed etereo strumento elettronico, che viene suonato dall’esecutore senza contatto fisico diretto, agendo con le mani su campi radio opportunamente generati, era accompagnato al pianoforte da Anna Barbero.

L’esibizione ha catturato l’attenzione dei presenti rimasti a bocca aperta nel “sentire” suonare le onde elettromagnetiche, a dimostrazione della loro forte presenza sempre più diffusa nei giorni nostri.

Il tema è stato poi approfondito in serata con la proiezione del film  Cherche zone blanche désespérément di Marc Khanne , il frutto di tre anni di lavoro d’inchiesta, che ha dato la parola a diverse persone affette da elettrosensibilità, malattia non riconosciuta come tale dalla comunità scientifica per la mancanza di prove evidenti che forniscano parametri in grado di dimostrare il rapporto di causa-effetto tra sintomi ed esposizione.

E dopo i racconti sentiti nel film, si è passati a quelle dei relatori dell’incontro, moderato dal fisiatra e giornalista Giorgio Diaferia,  che ne è seguito, con l’intervento di Paolo Orio, presidente dell’Associazione Italiana Elettrosensibili, che ha portato in sala le testimonianze “dal vivo” di coloro che, nell’era iperconnessa, vivono paradossalmente in una condizione di esclusione e isolamento.

All’analisi del fenomeno, in espansione costante (l’Associazione riceve oltre 700 nuove richieste di aiuto all’anno) e proporzionale all’inarrestabile diffondersi dei dispositivi wireless, si è affiancato  il contributo di Giovanni d’Amore, responsabile del Dipartimento Rischi fisici e tecnologici dell’ARPA di Ivrea, storicamente la prima Agenzia di protezione ambientale ad occuparsi, in Italia, della valutazione del cosiddetto “inquinamento invisibile”.

Nel suo intervento D’Amore ha fatto il punto sui livelli attuali di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici inquadrandoli nel contesto della loro evoluzione nel corso del tempo.

La seconda giornata della rassegna ha avuto come tema “la nostra chimica quotidiana”, introdotto dalla proiezione di Chemerical – Redefining Clean for a New Generation, il lungometraggio con cui il regista canadese Andrew Nisker ha documentato la progressiva “disintossicazione” di una famiglia americana che ha accettato di rinunciare per tre mesi a tutti i prodotti chimici abitualmente impiegati per la pulizia della casa e la cura personale.

E’ stato un invito a riflettere sull’impatto ambientale e sugli effetti sulla nostra salute della miriade di detersivi, solventi, schiume di cui facciamo quotidianamente uso e abuso in nome dell’igiene, il film è stato lo spunto per  l’incontro successivo in cui sono intervenuti esperti ed operatori impegnati sul campo, nell’ambito della prevenzione primaria e della ricerca.

L’incontro, moderato dalla giornalista Claudia Apostolo, ha visto l’intervento di Vincenzo Garlando, presidente della sezione di Asti dell’ISDE (International Society of Doctors for the Environment), Elisabetta De Martino e Marco Antonio Rossino, referenti per la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo del progetto transnazionale “InAirQ”, che si propone di descrivere e migliorare la qualità dell’aria indoor e dell’ambiente scolastico a tutela della popolazione vulnerabile (dai 6 ai 15 anni); Arianna Dongiovanni,  ingegnere ambientale presso SiTI – Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l’Innovazione, ente che ha curato i monitoraggi per il medesimo progetto

E’ stata fatta un’analisi a largo raggio dell’inquinamento indoor e dei pericoli annidati tra le pareti delle nostre case, dei nostri luoghi di studio o di lavoro, sotto forma di agenti chimici.

Terza giornata di rassegna e terzo tema ieri, domenica 28 ottobre, con l’attenzione focalizzata su un’altra grande emergenza  die nostri tempi: la plastica che mangiamo. Serata aperta da una lettura dell’attore e formatore teatrale Mario Nosengo di brani scelti da Laudato si’, seconda enciclica di Papa Francesco, e proseguita con la proiezione del film Océans, le Mystère plastique.

Diretto dal regista francese Vincent Perazio, il film, a partire dal dato che solo l’1% della plastica dispersa nei mari raggiunge le spiagge o rimane intrappolata nei ghiacci artici, si interroga sul destino del restante 99%. Non essendo biodegradabile, la plastica non scompare, ma si frantuma nel mare in microparticelle invisibili, tossiche, che stanno costituendo un nuovo ecosistema: la plastisfera.

Delle conseguenze per l’habitat e gli organismi marini e, soprattutto, delle ripercussioni sulla catena alimentare e sul suo anello finale se ne è parlato con la dietologa Maria Luisa Amerio e il fotografo, giornalista e scrittore Franco Borgogno, autore del libro Un mare di plastica (Nutrimenti edizioni, 2017).

Impressionanti i dati forniti dei due ospiti durante l’incontro moderato dal giornalista Beppe Rovera: sono, infatti, circa 5500 miliardi di pezzi di plastica galleggianti nei mari di tutto il mondo, che, in continua crescita esponenziale, nel 2050 si stima avranno un peso complessivo maggiore di quello della fauna ittica, prima vittima di una delle più devastanti fonti odierne di inquinamento.

Le micro e nanoplastiche si depositano nello stomaco e nell’intestino dei pesci, invadono l’intero organismo dei crostacei e dei molluschi bivalvi e, ormai, sono presenti anche nell’acqua in uscita dal rubinetto di casa. Ancora non accertate da sufficienti studi scientifici, le possibili conseguenze sulla salute umana provocate dall’ingestione di plastica inducono cautele e precauzioni alimentari.

Infine, come accennato in apertura, la rassegna si è chiusa questa mattina con un altro tema di crescente rilevanza ambientale e sanitaria: il cambiamento climatico incide sulla salute? Il tema è stato introdotto dalla proiezione riservata agli studenti delle Scuole Secondarie di II grado di Anote’s Ark, il film del canadese Matthieu Rytz girato nell’arcipelago di Kiribati, diventato il luogo-simbolo della devastazione climatica.

Il lungometraggio racconta la battaglia di Anote Tong, fino al 2016 presidente della Repubblica insulare, per tentare di salvare la sua nazione che, per effetto dell’innalzamento delle acque dovuto al surriscaldamento globale, rischia di essere ingoiata e sommersa dal mare: un reportage geografico con uno sguardo ai meccanismi della politica internazionale che è anche un documentario antropologico.

Nell’incontro a seguire, Stefano Tibaldi, senior scientist del CMCC – Centro Euro Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, e Vincenzo Saturni, dirigente medico presso il Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell’Azienda Sanitaria Sette Laghi di Varese, si sono soffermati su alcuni esempi di rischi sanitari insiti nei cambiamenti climatici che concorrono a dare una risposta alla domanda oggetto di dibattito. Tra questi, accanto alle ondate di caldo sempre più frequenti e ormai riconosciute come causa ambientale di mortalità prematura per malattie cardiovascolari, spiccano soprattutto le epidemie portate da vettori, in espansione in tutte le nazioni affacciate sul Mediterraneo, e quindi anche in Italia, dove le mutate condizioni climatiche favoriscono la diffusione di malattie (come la chikungunya, la malaria, il colera, la dengue) un tempo sconosciute, o non più presenti da anni nel nostro e in altri Paesi in cui erano state debellate.