Palio di Asti 2018: le lacrime e la “fame” di Federico Arri fotogallery

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C’è una cosa diversa da tutte le altre nelle vittoria di Federico Arri al Palio di Asti: sono le sue lacrime, improvvise, che sono arrivate nel momento in cui il giovane fantino si è reso conto di aver passato primo il terzo bandierino.

E’ difficile che un fantino pianga a Palio vinto: anzi non capita quasi mai. Il pianto appartiene ai rettori, appartiene ai borghigiani quando si rendono conto che il loro sogno si è appena realizzato. Ma le guance del fantino, quelle sì, rimangono asciutte. Al fantino compete l’esultanza e la forza di chi sa di aver dominato una piazza intera, a volte di aver sottomesso le rivali, altre di aver portato a compimento un disegno lungo e meditato.

Le lacrime di “Guerriero” invece sono scese subito sincere: perché sono le lacrime di chi ce l’ha fatta, di chi, come il borghigiano, sa che il suo sogno si è appena avverato. Federico ha lavorato duramente per emergere: nato in mezzo ai cavalli, ha iniziato in una scuderia a pochi km da Asti, a Sessant, nella pianura che porta verso Settime. Ha continuato poi a Siena, con gli insegnamenti di Silvano Vigni “Bastiano”, una leggenda del Palio. Ma nonostante questo, nessuno gli ha mai regalato nulla. Ha imparato sulla sua pelle, e sulle sue ossa, quanto è vero il detto che “il pane del Palio è duro sette croste”: le delusioni, le prime cadute, quelle che fanno più male, perché oltre ai lividi e alle fratture devi fare il conto con le occasioni perse, che arrivano quando la “fame” di addentare lil pane è sempre più grande.

Chissà se ieri Federico ha pensato a tutta la strada percorsa per arrivare alla vittoria, ben più lunga dei tre giri di pista. Stringeva forte il drappo ieri sera, Federico Arri “Guerriero”, lo stringeva forte con gli occhi lucidi. Anche questa è una cosa inedita, perché nel momento del trionfo il Palio appartiene al popolo che ha vinto, al fantino vengono tributati gli onori ma il suo sguardo è quello fiero e distaccato di chi ha portato a termine il proprio compito: che non è quello di vincere ma di “far vincere”.

Federico invece lo stringeva forte perché ha vinto due volte il Palio. Ha fatto vincere Moncalvo, ma lui forse ha vinto un Palio ancora più importante, un Palio che tutti noi siamo destinati a correre, sempre: il Palio della vita.

 

 

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