L’agricoltura sociale, strumento di integrazione e di conoscenza foto

Tra quelle che vengono definite le nuove frontiere dell’agricoltura c’è ne una che viene sovente raffigurata come del tutto innovativa pur facendo parte da secoli del Dna di chi lavora la terra e che oggi è nota come “agricoltura sociale”.

La solidarietà, il lavoro comune, l’aiuto reciproco, il recupero delle disabilità, le stesse ricorrenti feste sull’aia della tradizione contadina sono i cardini “sociali” su cui si è sviluppata e organizzata la vita agricola del nostro paese anche prima che ci si accorgesse che il suo aspetto sociale poteva diventare una “nuova” frontiera del comparto.

Una frontiera che ha avuto riconoscimento istituzionale con una legge del 2015 e che è diventata da quel momento uno degli impegni prioritari delle organizzazioni agricole tra cui si è segnalata, per attenzione e originalità, la Confederazione italiana agricoltori.

Tornando al tema d’avvio, sarà bene spiegare anche solo sinteticamente che cosa si intende oggi per agricoltura sociale. Si tratta di una pratica che, attraverso iniziative promosse in ambito agricolo e alimentare, intende, tra l’altro, favorire il reinserimento terapeutico di soggetti svantaggiati nella comunità e al contempo produrre beni. Sotto questo aspetto si configura come un vero e proprio strumento operativo attraverso il quale i governi regionali e locali possono applicare le politiche del welfare in ambito territoriale. In pratica, una fattoria tradizionale svolge la propria attiva agricola o zootecnica in maniera “integrata” e a vantaggio di soggetti deboli (portatori di handicap, tossicodipendenti, detenuti, anziani, etc.), residenti in aree fragili (montagne o centri isolati).

Ma nell’attività sociale dell’agricoltura rientrano anche, in una visione allargata della multifunzionalità del lavoro aziendale, tutto ciò che riguarda la conoscenza ed il contatto con un mondo che, in epoca di globalizzazione sfrenata, è assai poco conosciuto dai consumatori, in particolare dalle fasce più giovani della popolazione. In questo senso svolgono importanti funzioni sociali le fattorie didattiche, impegnate nell’azione informativa rivolta ai giovani, organizzando, ad esempio, quello che viene comunemente definito “Estate ragazzi” con lunghe permanenze dei partecipanti nelle aziende agricole e con il loro coinvolgimento nei lavori di base delle stesse.

Non solo, dunque, iniziative agricole socialmente utili sotto il profilo terapeutico e riabilitativo (pet-therapy, ippoterapia, onoterapia), ma anche forma di riappropriazione dell’individuo del proprio ruolo in società da un punto di vista professionale (reinserimento nel mondo del lavoro attraverso l’acquisizione delle tecniche e le pratiche agricole) e di crescita dell’informazione e della conoscenza di quanto sia rilevante il ruolo dell’agricoltura nel sistema economico ed alimentare del paese.

Nel complesso si tratta di un aspetto del lavoro agricolo in gran parte sconosciuto ed in attesa di una vera e propria valorizzazione, visti i benefici che ne possono venire ad entrambe le parti in causa, alla conoscenza si pensa possa contribuire la già citata legge del 18 agosto 2015 i cui aspetti di maggiori rilievo sono:
a) l’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e lavoratori svantaggiati, e minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione sociale;
b) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali attraverso l’uso di risorse materiali e immateriali dell’agricoltura;
c) prestazioni e servizi terapeutici anche attraverso l’ausilio di animali e la coltivazione delle piante;
d) iniziative di educazione ambientale e alimentare.

Un progetto legislativo che attende tuttora la sua completa attuazione e su cui nei giorni scorsi la Cia nazionale, insieme a Confagricoltura, Copagri, Forum nazionale agricoltura sociale, Rete fattorie sociali, Agci, Cnca, Capodarco e Legambiente, ha richiamato l’attenzione del nuovo ministro alle politiche agricole, Gian Marco Centinaio, per sollecitare la sua attenzione sull’agricoltura sociale, “che rappresenta un’importante risorsa per l’Italia sia in termini occupazionali che di produzioni agricole di qualità e di welfare territoriale”.

Di questo e di altro ancora si parlerà venerdì 29 Giugno alle 18 a Castelnuovo Calcea (sede interzonale Cia) in un workshop organizzato dal Cipa-at ed a cui prenderanno parte, tra gli altri, i vertici nazionali della Confederazione, l’on. Massimo Fiorio e l’assessore alle politiche sociali del Comune di Asti, Mariangela Cotto.

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