“La Scuola che non c’era”: la storia della media Jona raccontata da un tredicenne

Riceviamo e pubblichiamo il racconto di Andrea Viarengo, 13 anni, che frequenta la classe III della Scuola Media Jona.

Qualche mese Andrea scrisse un articolo sulla storia della sua scuola che venne pubblicato sul giornalino parrocchiale “Noi di San Domenico”. Il 31 maggio scorso grazie al suo scritto Andrea fu premiato con una borsa di studio dal professor Grassi, presidente dell’Associazione ex-Jona, in occasione della festa della Scuola celebrata neall’Aula Magna dell’Università di Asti (leggi QUI). Di seguito dsi riporta il racconto.

Da tre anni frequento la scuola Jona e mai mi ero posto troppe domande. La frequento e basta. Mi ci trovo bene, certo, per quanto ci si possa trovare bene a scuola e non, che so, su un campo di basket, di calcio o di fronte ad uno schermo di un telefonino su cui scorre l’ennesima partita di Clash Royale.

Un giorno la professoressa mi chiese di scrivere qualcosa sulla storia della scuola, che noia, pensai subito, ovviamente, ma iniziai il mio compito. Mi misi a cercare qualcosa su internet, inframmezzando, non visto dai miei genitori, la noiosa ricerca a qualche avvincente partitella a Minecraft, finché qualcosa attrasse la mia attenzione. Qualcosa che non solo non sapevo, ma a cui non avrei mai pensato: la scuola Jona non esiste da sempre, è stata creata di recente e con un obiettivo preciso.

Un tale professor Gardino, infatti, originario della Lomellina, pensò che non fosse giusto che le scuole medie fossero solo in centro città o nella zona ovest, proprio mentre la zona est si stava sviluppando e vi si stava insediando un grosso numero di persone. Siamo nei primi anni ’70 e il professor Gardino non doveva essere tipo da spaventarsi facilmente, anzi decisamente tosto: laureato a Milano, dal 1943 al 1945 combattè da partigiano nelle formazioni di “Giustizia e libertà”. Non lo spaventò quindi nemmeno la burocrazia.

Nel 1975, da preside dell’allora scuola Gatti, cercò di creare la sesta scuola media, embrione della futura Jona. Poi ottenne fondi dalla Regione Piemonte che il Comune di Asti utilizzò per costruire la sede della nuova scuola: era il 1978 e la sesta scuola media, dopo tre anni di sedi precarie, ottenne la sua collocazione definitiva, proprio lì dove il professor Gardino aveva voluto.
Lì, dove si trova il mio quartiere.
Un quartiere che alcuni ritengono difficile perchè popolare, perchè multietnico, perchè pieno di immigrati e, forse, hanno ragione. Ci sono tanti problemi, ma questo è anche una fortuna, perchè tutti i problemi hanno una soluzione. E per ogni soluzione da trovare, c’è gente di valore e ingegno che la cerca. Come il professor Gardino che, deposte le armi della Seconda Guerra Mondiale, imbracciò la penna; aiutato da un attivo e nutrito numero di genitori e docenti, fondò il nuovo istituto scolastico come “scuola di quartiere”. Ma una “scuola di quartiere” altamente innovativa, piena di laboratori, pronta ad accogliere, istruire, alfabetizzare, incentivare allo studio e integrare tutti i ragazzi della zona.
A me, oggi, non fa differenza salutare o invitare a casa mia un amico le cui origini sono italiane o albanesi o maghrebine. Lo faccio tutti i giorni e lo trovo normale. Forse, nei primi anni ’70, non era sempre così. Purtroppo. O forse gli immigrati erano gli stessi italiani. Non so.

Più prosegue la mia ricerca su internet, tra mezzi articoli e fumosi documenti, più mi convinco che se Gardino fosse vissuto in Inghilterra o negli USA, avrebbero già fatto un film sulla sua figura di colto partigiano che torna dalla guerra con un sogno e decide di aiutare i ragazzi meno fortunati. Ma sto divagando, torno a quel 1978, quando Gardino divenne il primo preside della scuola, mentre i genitori e i docenti che avevano sognato con lui, continuavano a sostenerlo. Insieme decisero di chiamare la scuola con un nome particolare: Olga e Leopoldo Jona.

Jona, un nome non italiano. Spengo definitivamente Minecraft e mi metto a cercare su internet spinto dalla curiosità. Anche i nomi Olga e Leopoldo mi sembrano strani: ho un’amica russa che si chiama Olga. Che siano russi. Invece no: ebrei. Deportati nel 1944 nel famigerato Lager nazista di Auschwitz e lì, ammazzati. Perchè? Solo perchè erano ebrei e non italiani, tedeschi, albanesi o maghrebini. Incredibile e raccapricciante. Eppure è successo. È accaduto davvero. Neanche settant’anni fa, in Italia, in Europa. E allora penso.
Penso, e mi piace pensare che hanno chiamato così questa scuola dove siamo in tanti e di origini diverse proprio perchè tutte le mattine, mentre facciamo due passi avanti e uno indietro per entrare, leggendo i lori nomi, possiamo pensare questo: è successo davvero. Questa è la storia della mia scuola. La storia di una scuola di quartiere. La storia della nostra scuola e di tutti.
La storia del sogno di un uomo e di quelli che l’hanno aiutato a realizzarlo: la storia, per parafrasare Barrie, autore di Peter Pan, della Scuola che non c’era.

Andrea Viarengo – Scuola Media Jona – Classe III F