La Polizia di Stato sempre più vicina alle donne con la campagna “Questo non è amore”

Nel giorno di San Valentino la Polizia di Stato sceglie di stare vicina alle donne con la campagna “…questo non è amore”, presentata questa mattina anche alla Questura di Asti.

“Se ti ricatta … non è amore. Se minaccia te o i tuoi figli … non è amore. Se ti isola, umilia, offende …non è amore. Se ti perseguita con mail e sms ossessivi ….non è amore. Se ti prende con violenza quando non vuoi … non è amore. Se ti chiede “l’ultimo appuntamento” …non è amore”. Se ti uccide …non è amore”: questo è il messaggio della campagna della Polizia di Stato “…questo non è amore” che prevede in tutte le province italiane camper, pullman, gazebo e altri momenti d’incontro volti a rompere l’isolamento e il dolore delle vittime di violenza di genere, offrendo il supporto di un’equipe di operatori specializzati, in prevalenza composta di donne e formata da personale di Polizia specializzato, da medici, psicologi e da rappresentanti dei centri antiviolenza.

Un’idea, quella del progetto CAMPER contro la violenza di genere che, partito a luglio del 2016, in circa sei mesi in 22 province italiane ha consentito di contattare oltre 18.600 persone, in maggioranza donne, diffondendo informazioni sugli strumenti di tutela e di intervenire su situazioni di violenza e stalking che diversamente sarebbero potute rimanere ingabbiate nel dolore domestico.

La flessione negli ultimi due anni dei delitti tipici (dai femminicidi, alle violenze sessuali, dai maltrattamenti in famiglia agli atti persecutori) non ferma l’impegno di prevenzione: non solo perché il numero assoluto delle vittime continua ad essere inaccettabile, ma perché l’esperienza di polizia e delle associazioni da tanti anni impegnate su questi temi mostra l’esistenza di un “sommerso” che troppo spesso non si traduce in denuncia. Un quotidiano fatto di attenzioni morbose, di comportamenti aggressivi e intimidatori che vengono letti come espressione di un amore appassionato e di una gelosia innocua, anche da madri, sorelle e amiche, ma che è spesso il triste copione di un crescendo di violenza che si alimenta con l’isolamento.

A livello nazionale ogni tre giorni e mezzo avviene in media l’omicidio di una donna in ambito familiare o comunque affettivo, mentre ogni giorno, sempre ai danni di donne, si registrano 23 atti persecutori, 28 maltrattamenti, 16 episodi di percosse, 9 di violenze sessuali.

Questi più in dettaglio i dati di tutte le forze di polizia italiane:
– gli omicidi di donne in ambito familiare sono stati 117 nel 2014, 111 nel 2015, 108 nel 2016;
– gli atti persecutori (circa il 76% in danno delle donne) 12.446 nel 2014, 11.758 nel 2015, 11.400 nel 2016;
– i maltrattamenti in famiglia (circa l’81% in danno delle donne) 13.261 nel 2014, 12.890 nel 2015, 12.829 nel 2016;
– le percosse (circa il 46% in danno delle donne) 15.285 nel 2014, 15.249 nel 2015, 13.146 nel 2016;
– le violenze sessuali (oltre il 90% in danno delle donne) 4257 nel 2014, 4000 nel 2015, 3759 nel 2016.

In provincia di Asti nel 2015 ci sono state 7 denunce per stalking con quattro richieste di ammonimento e tre divieti di avvicinamento; nel 2016 le denunce sono scese a quattro, con una sola di richiesta di ammonimento, mentre in questo primo scorcio di 2017 c’è già in esame una richiesta di ammonimento e un divieto di avvicinamento, ma ancora nessuna denuncia.

Questi dati non lasciano assolutamente tranquille le forze di polizia perchè, come ha dichiarato in conferenza stampa il Questore di Asti Filippo Claudio Di Francesco, perchè il timore è che ci sia ancora molto sommerso, vale a dire casi che non escono dalle mura domestiche: è proprio questo che le forze dell’ordine si pongono come obiettivo, far emergere questo sommerso e per far questo bisogna far crescere la cultura nelle donne, ma non solo a loro perchè è importante anche educare i ragazzi delle scuole, in particolare medie e superiori, sia perchè crescano con i giusti valori e con il rispetto delle persone, ma anche perchè possano segnalare cose che hanno visto in famiglia. Così come è dovere civico di tutti segnalare casi che si possono verificare tra i vicini di casa, per strada o in altri ambienti e di cui si è testimoni.

Oltre alla tutela offerta dalla legge, che va dagli strumenti dell’ammonimento al divieto di avvicinamento fino ai domiciliari e al carcere per i casi più gravi, la battaglia più importante si gioca sul campo della prevenzione in cui la Polizia di Stato è impegnata, non solo nel contribuire attraverso l’informazione al superamento di una mentalità di sopraffazione, ma a fare da sentinella per intercettare prima possibile comportamenti violenti e intimidatori.

In questa prospettiva si muove l’adozione dall’inizio dell’anno del protocollo E.V.A. (Esame delle Violenze Agite) da parte di tutte le Questure d’Italia. Procedura che consente agli equipaggi di Polizia, chiamati dalle sale operative ad intervenire su casi di violenza domestica, di sapere se ci siano stati altri episodi in passato nello stesso ambito familiare. Tutto questo attraverso una procedura che prevede la compilazione di checklist che, anche in assenza di formali denunce, spesso impedite dalla paura di ancor più gravi ritorsioni, consentono di tracciare situazioni di disagio con l’obiettivo di tenerle costantemente sotto controllo e procedere all’arresto nei casi di violenza reiterate.