Cento agricoltori astigiani all’Assemblea di Coldiretti a Firenze

 

La platea era imponente, ieri, a Firenze, per l'Asseblea di Coldiretti. C'erano oltre 10 mila agricoltori, 100 dei quali giunti in pullman da Asti e capitanati dal delegato provinciale di Giovani Impresa Coldiretti, Danilo Merlo, e dal direttore Antonio Ciotta.

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L’occasione era quindi buona, per il presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, per esporre due annunci importanti, e per certi aspetti anche inaspettati: l’azzeremento dell’Irpef agricola e l’obbligo della rintracciabilità del grano.

“Nel quadro economico del Def – ha detto il Premier – a cui seguirà la legge stabilità il prossimo 15 ottobre, abbiamo previsto a partire dal 2017 la cancellazione della parte di Irpef agricola che le aziende pagano”. “La cancellazione dell’Irpef agricola – dirà poi il presidente nazionale Coldiretti, Roberto Moncalvo – riconosce finalmente la specificità dell’attività agricola che nel fare impresa produce bene comune oltre a benefici sul piano ambientale, paesaggistico e culturale.

“Un provvedimento – ha spiegato Renzi – che rientra nella logica del passo dopo passo, dopo che abbiamo tolto Imu e Irap, ma che è anche un’operazione che dà il senso del valore sociale dell’agricoltore e del contadino. In questi ultimi anni in Italia all’agricoltura non è stato dato il giusto peso e il giusto ruolo. E’ ora di riprenderci tutti assieme questo ruolo”.

“E’ una netta e decisa inversione di tendenza rispetto agli ultimi decenni – commenta il diretto di Coldiretti Asti, Antonio Ciotta – che restituisce dignità al lavoro nei campi e sostiene la competitività delle imprese agricole italiane che, nonostante le difficoltà, sono cresciute in termini di valore aggiunto il triplo dell’industria e il doppio dei servizi, nel secondo trimestre del 2016”.

Il secondo annuncio del Primo Ministro, è per certi aspetti ancora più importante e va a favore dei cerealicoltori: “Faremo in modo, affinchè vengano riconosciuti come Made in Italy la pasta e il pane fatti con grano italiano che non può essere pagato come 20 anni fa”.
Con l’etichettatura di origine obbligatoria per il grano usato per produrre pane e pasta, si cambia direzione anche nella trasparenza dell’informazione ai consumatori in una situazione in cui un pacco di penne e spaghetti su tre contiene prodotto straniero senza che il consumatore lo sappia.

“Dopo il piano cerealicolo e i contratti di filiera che premiano l’origine nazionale del grano condivisi con determinazione proposti dal ministro delle politiche agricole si tratta – sottolinea Moncalvo – di una necessità per contrastare le speculazioni che nell’ultimo anno hanno provocato il crollo del prezzo del grano duro destinato alla pasta che è praticamente dimezzato (-43 per cento), mentre si registra un calo del 19 per cento per quello del grano tenero destinato alla panificazione con i compensi degli agricoltori che sono tornati ai livelli di 30 anni fa”.

Il risultato è che oggi il grano duro per la pasta viene pagato sotto i 18 centesimi al chilo
mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura ai 16 centesimi al chilo, su valori al di
sotto dei costi di produzione e con un “crack” da 700 milioni di euro per il Granaio Italia.

“In pericolo – conclude Moncalvo – non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy”.

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