La passeggiata ai giardini pubblici di Asti in occasione dell’incontro col Sindaco.

All’ingresso le raffinate composizioni di Greco Fiori, l’aristocrazia dei chioschi che storicamente circondano il Parco della Resistenza (per tutti semplicemente i “Giardini Pubblici”). Dietro alle fioriste, i numerosi chioschi, decisamente più popolari, dei bar gestiti da italiani e cinesi frequentati soprattutto da stranieri.

Il laghetto delle tartarughe.
All’interno il laghetto che ospita settantacinque tartarughe (in continuo aumento perché le famiglie che le hanno acquistate, stufe dell’impegno necessario a curarle, vengono a liberarle qui), una miriade di pesci rossi e un po’ di carpe: ad accudirle la volontaria Claudia Sgarzi che ogni tre giorni dispensa gamberetti liofilizzati, carne cruda e insalata. Il Comune due volte l’anno fa la pulizia radicale del laghetto, “ma bisognerebbe fare ancora uno sforzo e sostituire un po’ di acqua un paio di volte durante l’estate, per ossigenarla meglio” chiede la volontaria al sindaco.

Il monumento a Vittorio Emanuele II.
Nelle vicinanze gli anziani, seduti sulle panchine che spalle al laghetto danno sul monumento a Vittorio Emanuele II, lamentano l’eccessiva presenza di bambini che corrono nei prati, si arrampicano sulle piante e ogni tanto anche sul monumento stesso: “hanno persino danneggiato il piede della statua…”.

I giocatori di carte.
Sul lato “Gamberini” ed ex Croce Verde, altri pensionati, per lo più astigiani arrivati in Città dal meridione nel dopoguerra, ogni giorno stendono, sui tavoli e sulle panchine, pezzi di cartone su cui giocano a carte. Storicamente la loro richiesta è quella di potenziare i bagni pubblici. “Sono disponibili a trecento metri quelli di campo del Palio, che abbiamo rimesso in funzione due anni fa e che l’Asp pulisce più volte al giorno chiudendoli di notte per evitare vandalismi” spiega il sindaco, ma qualcuno storce il naso lo stesso: anche se la distanza è poca, il ricordo dei vecchi orinatoi a lato dell’ex Croce Verde (che pure spandevano il loro non piacevole odore fino alle strisce pedonali) evoca una perduta età dell’oro.
Ai tavoli che si trovano lungo il corso Einaudi, giocano a carte (ma senza pezzi di cartone) altri gruppi di astigiani, ma questa volta di origine straniera, per lo più dell’est.
Sulle panchine alcuni profughi seduti con le gambe appoggiate sulla bicicletta, maneggiano il telefonino.

Tanti bambini.
L’area giochi è la più pittoresca e allegra. Sulla pedana in cemento rosa e nel prato giocano a pallone, su quello che ai loro occhi è il Maracanà, ragazzini dai sei ai sedici anni.
Quelli più piccoli suscitano la simpatia degli adulti. Quelli più grandi li fanno imbufalire, perché giocano col pallone pesante, di cuoio, che ogni tanto fa male al malcapitato colpito a un braccio o alla testa, mentre meno se lo aspetta.

La giostra di Sforzi.
Sul lato opposto del vialetto la giostra di Italo Sforzi: si trova lì da quasi quarant’anni e ha fatto gioire generazioni di bambini: per questo il sindaco ha conferito a Italo il sigillo della Città.
Il cartello che spiega ai clienti come prendere il biglietto e catturare il mitico “codino” è il simbolo della realtà multietnica del Parco della Resistenza: la famiglia Sforzi ha dovuto scriverlo in quattro lingue, italiano, albanese, arabo e rumeno. Mai come sui cavallini e le macchinine della giostra i ragazzini giocano e si divertono tutti alla stessa maniera, dimostrando che le differenze cominceranno a coglierle (per apprezzarle o temerle) quando saranno più grandi.
Affollatissime anche le giostrine pubbliche: scivolo, altalene, labirinti, tutte in ordine sulle mattonelle della pavimentazione “anti shock”, “ma bisognerebbe lavarle e disinfettarle più spesso, perché sono in tantissimi a usarle” chiedono i genitori presenti al sindaco.
A vegliare sui bimbi che giocano su una panchina siedono giovani mamme velate, di evidente origine araba. Sull’altra panchina giovani mamme bionde e altere, che parlano con una elegante inflessione dell’est europeo.

I problemi del Parco.
Camminando lungo via Rosselli si attraversa la zona meno frequentata del Parco. Qualche tempo fa era meta di giovani sfaccendati, per lo più stranieri, che lasciavano bottigliette di birra “e in qualche occasione hanno anche utilizzato le griglie delle panchine in metallo come barbecue” racconta il sindaco…. Per fortuna (scoraggiati dagli interventi continui della Polizia Municipale, o chissà perché…) hanno diradato la loro presenza e questi episodi sono meno frequenti. “Comunque –spiega il primo cittadino- in questo parco, che è il più frequentato della Città, l’Asp passa tutti i giorni a pulire in prima mattina, mentre dalle altre parti passiamo due, al massimo tre volte alla settimana”.
In generale prevale, soprattutto negli anziani, una sorta di nostalgia verso un ipotetico passato in cui il parco era molto più bello e pulito di oggi. In realtà, come speso accade, il tempo lima gli spigoli brutti dei ricordi. Le cronache degli anni ottanta e novanta registrano rinvenimenti di asce, roncole, machete e persino pistole e fucili negli incavi degli alberi, bivacchi notturni e le proteste dei cittadini dell’epoca, per la presenza di tossicodipendenti che si concentravano in zona quando al vecchio ospedale era ancora in funzione il pronto soccorso e purtroppo l’eroina la faceva ancora da padrona.

Il Parco Avventura.
Il giro si conclude proprio di fronte all’ex ospedale, dove un giovane imprenditore coraggioso da quattro anni, vincendo le resistenze della burocrazia, ha realizzato il primo parco avventura installato nel centro di una città, di cui si abbia notizia. Il sindaco, che ha dovuto attivarsi in prima persona per sbrigare la matassa delle autorizzazioni all’insolita struttura, fatta di passerelle e tiranti appese agli alberi monumentali, è contento, perché l’iniziativa ha rivitalizzato questa zona del parco e attrae turisti.