In 5 mila alla Giornata della carne a suon di #bracioleallariscossa

“E' stata una giornata entusiasmante, in un clima molto coinvolgente che ci fa pensare positivo per il futuro”, così il presidente provinciale Coldiretti, Roberto Cabiale, a margine della Giornata nazionale della carne, tenutasi oggi a Torino Lingotto con la partecipazione di 5 mila persone. Molto folta la delegazione proveniente dall'Astigiano, dieci pullman erano partiti di buon mattino alla volta del capoluogo Subalpino.

“Abbiamo esposto il dossier #bracioleallariscossa, per sensibilizzare i consumatori e per rassicurare i nostri allevatori, ma con i nostri vertici nazionali abbiamo anche analizzato un po’ tutti i settori, delineando quella che abbiamo definito “La Nuova Coldiretti”, proprio per tracciare un futuro a misura di giovane. D’altra parte almeno mezza sala era occupata da giovani agricoltori. Se sapremo perseguire con tenacia gli obbiettivi che ci siamo dati, quello dell’etichettatura obbigatoria, della trasparenza e della messa in chiarezza dei prodotti agroalimentari, penso che la nostra agricoltura possa avere i giusti riconoscimenti che si merita”.

Dal dossier Coldiretti emerge che un italiano su dieci ha detto completamente addio alla carne, ma nel 2015 l’allarmismo si è fatto sentire sull’intera popolazione con gli acquisti delle famiglie che sono crollati del 9% per la carne fresca di maiale, del 6% per quella bovina e dell’1% per quella di pollo come pure per i salumi, scendendo ai minimi dell’inizio del secolo.

“Salviamo gli allevamenti italiani”, “Gli italiani lo fanno meglio”, “Le carni italiane sono più sane, magre e senza ormoni” sono stati questi alcuni degli slogan visti su magliette e striscioni, mentre le griglie dell’Agrimacelleria San Desiderio di Monastero Bormida cuoceva la carne e gli agrichef insegnavano a realizzare i piatti a base di carne con i tagli cosiddetti poveri.

“E’ stata una operazione verità sulla carne italiana ed i suoi primati qualitativi e di sostenibilità ambientale, ma anche una occasione per aiutare con equilibrio e buonsenso a fare scelte di acquisto consapevoli e non cadere in pericolose mode estreme” sottolinea il presidente nazionale Coldiretti, Roberto Moncalvo, arrivato alla manifestazione insieme al presidente di Federconsumatori Rosario Trefiletti, al nutrizionista Pietro Migliaccio e al presidente dell’Osservatorio Agromafie Giancarlo Caselli.

“Vogliamo difendere la nostra carne – ha sottolineato Delia Revelli presidente di Coldiretti Piemonte – dagli allarmismi infondati e da campagne diffamatorie che, soprattutto nell’ultimo anno, stanno colpendo un alimento determinante per la salute poiché apporta l’indispensabile contributo proteico, oltre ad essere parte fondamentale della nostra dieta mediterranea”.

La carne e i salumi rappresentano, infatti, importanti fonti di proteine ed altri micronutrienti solitamente assenti (vitamina B12), poco rappresentati (zinco, selenio, B2, PP) o scarsamente disponibili (ferro) nei prodotti di origine vegetale.

Negli ultimi cinque anni, a livello nazionale, hanno chiuso quasi 12mila stalle da carne per effetto delle importazioni dall’estero che oggi rappresentano quasi 1/3 dei consumi, con effetti sull’economia, sull’occupazione e sulla sicurezza alimentare. Oggi viene dall’estero il 40% della carne bovina consumata in Italia e il 35% di quella di maiale, sono invece marginali le importazioni per la carne di pollo e tacchino.

Gli arrivi da Paesi comunitari ed extracomunitari di carne a basso prezzo, senza il valore aggiunto di sicurezza e sostenibilità garantiti dall’italianità, mette a rischio 180 mila posti di lavoro in tutta la filiera delle carni che genera in Italia un valore economico dell’ordine di 30 miliardi di euro con una ripartizione praticamente equivalente tra carne bovina, di maiale e di pollo/tacchino.

Il Piemonte detiene il primato italiano nella valorizzazione delle carni da razze storiche italiane e la zootecnia riveste un ruolo di grande importanza per il tessuto economico regionale con una produzione lorda vendibile che nel 2015 ha toccato quasi i 2 miliardi di euro. La razza piemontese è la più diffusa e conta oltre 300 mila capi con 6 mila aziende impegnate nell’allevamento, sia tradizionale sia legato al pascolamento in alpeggio garantendo, così, il presidio delle montagne e dei territori svantaggiati.

“Al fine di salvare il nostro patrimonio culturale, storico ed ambientale – ha concluso Revelli – è importante verificare le etichette che obbligatoriamente devono indicare la provenienza della carne fresca per scegliere la filiera italiana che crea occupazione, produce ricchezza e garantisce anche qualità e sicurezza alimentare”.

Durante la giornata, infine, è stata presentata la nuova figura del Tutor della carne che aiuta a conoscerla, a scegliere i pezzi più adatti in cucina e dispensa consigli su dove fare acquisti di qualità direttamente dagli allevatori. La figura del tutor della carne sarà introdotta anche in Piemonte, per risparmiare fino al 50% sulla spesa acquistando tagli alternativi, meno conosciuti e più economici, ma anche più adatti alla ricetta che si vuole portare in tavola, senza rinunciare alla qualità.